AMERICANA – Don DeLillo

Alto, biondo, prestante, manager di una famosa rete televisiva: alla soglia dei trent’anni David Bell può dirsi un uomo affermato. New York è una città tentacolare e seducente nonostante gli echi della guerra in Vietnam. Le feste a Manhattan, gli amici, il sesso – meglio se con la ex moglie – e quella frenetica atmosfera di conquista possono però farti sprofondare in un vuoto insopportabile – il mondo di David ricorda un po’ quello del Bateman di American Psycho, avete presente? E allora, all’apice del successo, Mr. Bell decide di mollare tutto e con un vecchio camper e tre amici stravaganti parte per un viaggio nel cuore dell’America “una specie di racconto in prima persona, ma senza che io sia fisicamente presente, se non di sfuggita. Sarà in parte sogno, in parte narrazione. Un tentativo di esplorare certi aspetti della mia coscienza”. Pubblicato nel 1971 ( in Italia solo nel 2000) Americana è il romanzo di esordio di Don DeLillo. Romanzo letterario nato sotto la buona stella di autori come Eliot e Joyce; il DeLillo postmoderno è ancora allo stato embrionale. Difficile considerare Americana alla stregua di Underworld o Rumore bianco – i capolavori arriveranno qualche anno più tardi – e neppure del più noto roadbook Sulla strada di Jack Kerouac al quale questo libro sembra essere ispirato (il terzo segmento della storia ricorda molto anche Strade blu di William Least Heat-Moon, pubblicato dieci anni dopo). È impressionante tuttavia come DeLillo sia riuscito a riprodurre il mood e  i linguaggi di una certa antropologia newyorchese e a farlo con una scrittura maestosa nonostante la giovane età. Ritmo serrato, tanti personaggi simili, situazioni che alimentano una prolissità forse eccessiva –  “un romanzo lungo e incasinato” dice il protagonista – Americana, specie nella prima parte, offre uno spaccato fedele degli ambienti crudi e trasgressivi dello showbusiness televisivo, contrapponendo l’edonismo cinico della borghesia metropolitana alla sofferenza dimenticata, e occultata dai media, dei militari in Vietnam. La fuga verso l’America meno sofisticata delle piccole città e della provincia diventa per il giovane David una specie di catarsi, il tentativo disperato di raccontare un’altra umanità.

Angelo Cennamo

 

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