Davvero curioso questo romanzo di Tiziano Scarpa – scrittore veneziano dalla vena postmoderna, consacratosi tra i migliori autori della sua generazione nel 2009 con Stabat mater, vincitore del Premio Strega e del Premio Mondello. Il Brevetto del geco esce nel 2015 e subito richiama l’attenzione della critica e dei lettori per le sue trame originali e per la qualità della scrittura, eccelsa. Scarpa scrive due storie indipendenti l’una dall’altra attraverso paragrafi alternati, con pochi personaggi ed una enigmatica voce narrante, senza corpo, che di tanto in tanto interviene tra le vicende dei protagonisti per commentarle con spunti ironici, talvolta poetici: l’interrotto.
Federico Morpio è un artista fallito. A trentanove anni si ritrova con meno di mille euro sul conto e un orizzonte professionale poco rassicurante. “Ventun anni prima aveva scommesso tutto quello che aveva, senza nessuna garanzia – aveva scommesso tutto quello che era. Aveva scelto di fare l’artista” L’arte è tutta la vita di Federico, la sola cosa che conta “Che cosa ne sarebbe di lui, senza l’arte? Era una domanda a cui era impossibile rispondere. Senza l’arte non si sarebbe ridotto al fallimento. Ma, d’altra parte, si sarebbe disconnesso dalla realtà. Sarebbe diventato indifferente a tutto”. Federico osserva il mondo, ma quello che vede sembra acquistare senso e consistenza solo attraverso la propria immaginazione e il proprio talento artistico “Eccolo lì, davanti a lui il mondo. Che senso aveva dargli retta, che senso aveva viverlo, se non per ricavarne un’opera?”.
La protagonista della seconda storia è Adele, una ragazza sola e malinconica che un notte scopre nella cucina di casa sua un animaletto insolito e prodigioso: un geco. Adele attribuisce a quella visione un significato religioso “Non aspettava altro che un indizio d’infinito passasse a prendersela, come un centauro vestito di cuoio nero che smarmitta sotto casa”. Il geco non vuole uscire dalla stanza. Se ne sta lì, aggrappato alle piastrelle della cucina con le sue zampette a ventosa. Improvvisamente però scivola in una pentola e non riesce più a ritrovare l’equilibrio. Pare che i gechi si attacchino a tutte le superfici. Tutte, tranne una: il politetrafluoroetilene, più conosciuto con il marchio commerciale di Teflon, ovvero il rivestimento antiaderente delle pentole. Era questo il segno che attendeva? Adele ne è convinta. Inizia così la sua graduale conversione al cristianesimo, un bizzarro percorso di fede fatto di arte sacra e naturalismo, attraverso il quale la ragazza troverà prima l’amore casto di Ottavio per poi essere coinvolta nell’inquietante missione etica di una setta religiosa chiamata i Cristiani Sovversivi: rapire donne incinte per non farle abortire.
Federico nel frattempo è riuscito, almeno per il momento, a liberarsi dei propri affanni grazie all’eredità lasciatagli dal padre “ Non aveva mai accettato che suo padre lo finanziasse da vivo. Ora che era morto, lo stava aiutando a fare il passo più importante della sua carriera di artista, troncandola“. Le due storie, quella di Federico e di Adele, finiranno per incrociarsi per puro caso nelle ultime pagine del racconto, in un finale probabilmente deludente o comunque non all’altezza della prima parte del romanzo.
Il brevetto del geco è un libro di non facile lettura per le sue iperbole lessicali, per alcuni passaggi surreali, specialmente quelli legati alla figura dell’interrotto e alle vicende di Adele. Ma è un romanzo ricco di spunti interessanti, legati alla storia dell’arte e alla condizione di precarietà vissuta e meditata da Federico Morpio. Scarpa è uno scrittore colto e originale. L’anno in cui vinse con Stabat mater partecipò al Premio Strega anche un altro autore di talento: Giorgio Vasta, con uno dei romanzi più straordinari scritti in Italia negli ultimi vent’anni Il tempo materiale. Vasta, Scarpa, Veronesi, Piperno, Fontana, Ricci, Ferrante, Missiroli: la letteratura italiana è viva e gode di ottima salute.
Angelo Cennamo