L’amica geniale si conclude con la scena toccante del matrimonio di Lila. Lei e Lenuccia sono chiuse in camera per gli ultimi preparativi: il bagno, il trucco, la vestizione. E’ un momento di grande intimità, tenero e vivido nella descrizione di Elena Ferrante. Lila sa che il suo matrimonio finirà lo stesso giorno in cui è cominciato, l’unione tra lei e Stefano Carracci, il benessere che l’è piovuto addosso all’improvviso poggiano sul malaffare, la calunnia, l’equivoco. Stafano Carracci, il figlio di don Achille, l’orco delle favole. Lila non lo ama, ma lo sposa, non si sottrae al suo destino, anzi sembra sfidarlo nella convinzione che ogni cosa potrà ribaltarsi in suo favore, o forse si è rassegnata all’idea che nella vita non si può avere tutto. La casa nuova, la tv, i mobili di pregio, gli abiti firmati, la prospettiva di un negozio a piazza dei Martiri, nel cuore della Napoli bene. Cos’altro può pretendere la figlia di uno scarparo con la quinta elementare?
Leggendo Storia del nuovo cognome – secondo capitolo della quadrilogia dell’Amica geniale – ho provato a ricostruire anche visivamente la figura di Lila che esce dal ghetto per diventare la moglie di un commerciante facoltoso, la sig.ra Carracci. Nel racconto della Ferrante ho visto la sua indole ribelle e selvaggia, la sua perenne insoddisfazione. Me la sono immaginata come la Anna Magnani di Bellissima, la madre illusa ma coraggiosa che finge sentimenti, cordialità, ammicca, e che si incunea dappertutto pur di fuggire dalla sua borgata. O come la Sophia Loren della trasposizione cinematografica di Filumena Marturano, la giovane prostituta che vede in Domenico Soriano un’opportunità di riscatto e il miraggio del vero amore. La storia della lunga amicizia tra Lila e Lenuccia è fatta di avvicinamenti e di separazioni, di invidia e complicità. In una breve vacanza ad Ischia, le due ragazze vivono l’imprevedibile esperienza dell’adulterio, in ruoli contrapposti, obbedendo ad un demone che le spinge a vagare senza meta, come due incoscienti desiderose di non si sa cosa, col rischio di perdersi per sempre. Non succederà, o forse è già accaduto. Tutto sembra precipitare, poi la risalita verso una felicità incompiuta, la farsa, la finzione. Stefano, il marito rozzo, tradito. Nino Sarratore, il giovane intellettuale, il dio Dioniso, ossuto e tenebroso, che fa battere i cuori. Tutto precipita, tutto si aggiusta. E’ un mondo che gira alla rovescia, con Lila e Lenù come una regina ed il suo alfiere nella più rocambolesca delle partite a scacchi. Mai più vicine, mai più lontane. Napoli fa da sfondo, Napoli c’è sempre, nel linguaggio, nella crudezza di una miseria che non si lava neppure col denaro e l’istruzione. Lila e Lenù, così uguali, così diverse.
Angelo Cennamo