
Nipote di uno schiavo e figlio di un muratore, grazie a una borsa di studio Ralph Ellison era riuscito a laurearsi in una prestigiosa università dell’Alabama – Tuskegee – e dopo il trasferimento a New York, a farsi strada nella letteratura come in politica. Alla stregua di Harper Lee, Ellison si è fatto conoscere soprattutto per un romanzo, il solo che ha scritto, la cui gestazione è durata oltre sei anni. “Uomo invisibile” è uscito nel 1952 e l’anno successivo ha vinto il National Book Award. A distanza di settant’anni la Fandango lo riporta in libreria con una cover di grande impatto e con la nuova traduzione di Francesco Pacifico – la prima fu curata da Carlo Fruttero e Luciano Gallino. “Uomo invisibile” è un’opera dalla forte impronta autobiografica ed è essenzialmente un romanzo politico, di quelli che hanno segnato e insegnato tanto a generazioni di politici di mestiere – Obama, che è anche un fine lettore, lo indica tra i suoi libri più amati – e a scrittori con una speciale vocazione all’impegno sociale – Jonathan Lethem, che non ha mai nascosto la propria fede comunista, ne avrà sicuramente tratto ispirazione per il suo romanzo più militante “I giardini dei dissidenti”, la storia di Rose Zimmer, l’indimenticabile regina rossa di Sunnyside. Il protagonista di “Uomo invisibile”, nonché voce narrante della storia, non ha un volto né un nome. Nella prima scena del libro il nostro mister X lo troviamo rinchiuso in un seminterrato a scrivere la propria biografia. Le fasi salienti sono due: gli anni trascorsi in un college del Sud, dal quale viene allontanato per motivi disciplinari; il trasferimento a New York, dove si ritroverà per puro caso arruolato in una organizzazione politica chiamata Fratellanza. La vita di mister X è una lunga sequela di fatti spesso scollegati fra loro, dai bordi smarginati, e pure la narrazione di Ellison sembra un continuo alternarsi di realismo e di surrealismo; una felice mescolanza di generi e di precedenti che includono autori come Twain e Dostoevskij. I temi centrali del libro sono l’identità e la libertà. Mister X non sceglie il proprio destino, sono gli altri a decidere per lui: nel college, così come nella Fratellanza di New York, dove i neri sembrano aver preso gli stessi difetti e disvalori che attribuiscono ai bianchi. Più che in un movimento per l’emancipazione, mister X si ritrova a fare i conti con una setta dominata da veti incrociati, gelosie e subdole forme di arroganza. “Fuori dalla Fratellanza eravamo fuori dalla Storia; ma dentro la Fratellanza loro non ci vedevano.” L’identità, dicevo, è per il protagonista una vera ossessione: cosa vuol dire essere neri; cosa vuol dire essere bianchi; cosa vuol dire essere umani “Una delle più grandi farse del mondo è lo spettacolo dei bianchi che si affannano per scappare dal nero ma diventano più neri ogni giorno che passa, e dei neri che lottano per diventare bianchi, e invece si spengono nel grigio. Nessuno di noi sembra sapere chi è o dove sta andando.”
Angelo Cennamo