Spesso e volentieri, quando si discute di Maurizio de Giovanni, del suo riconosciuto talento di romanziere, ci si sofferma su due argomenti in particolare: la vistosa prolificità della produzione letteraria, la serialità delle sue storie, con tutti gli annessi e connessi. Confesso di essere arrivato a leggere de Giovanni con molto ritardo per uno stupido pregiudizio che mi ha impedito a lungo di allargare lo sguardo oltre certi autori americani come DeLillo, Roth, Foster Wallace, o classici italiani, da Moravia a Pasolini. Come tanti lettori snob ero rimasto impigliato nella rete o, se preferite, nell’equivoco della letteratura di genere, brutta espressione utile solo ai banconisti delle librerie per conformarsi ad un ordine, come dire, di tipo merceologico. Una forma di ridicolo strabismo elitario che mi aveva precluso il piacere di seguire, ad esempio, i casi giudiziari di Rocco Schiavone, le scorribande di Carlo Monterossi, le scazzottate di Hap e Leonard, le brillanti investigazioni di Bill Hodges o dell’ispettore Morse, i duetti esilaranti tra il commissario Montalbano e il suo vice Augello. Dicevo della serialità di certe trame, per alcuni lettori e addetti ai lavori una spregevole operazione di marketing volta a circuire, irretire gli appassionati della prima ora e tenerli incollati alla storia col gusto di un telespettatore da soap opera. Per quanto mi riguarda, non ho mai pensato alla serialità come ad un limite. Anzi, trovo che lo spessore e l’identità del noir italiano vada ricercato proprio nell’approfondimento e nella continuità del racconto, oltre il caso poliziesco, il delitto, la ricerca dell’assassino. Tornando a de Giovanni, la capacità di scavare nei personaggi, di delinearne i caratteri, il vissuto, e nel contempo di fidelizzarli al lettore, sia una componente essenziale di quel tipo di narrazione. Non mi disturba l’esitazione di Ricciardi con l’infatuata Enrica o con la passionale Livia, l’infinito protrarsi del dubbio da un libro all’altro. Niente affatto, questo amore frammentato e rimandato mi piace molto. Allo stesso modo, mi incuriosisce il corteggiamento tra la Pm Piras e l’Ispettore Lojacono nella serie dei Bastardi. Divagazioni romantiche che allargano il perimetro del giallo trasformandolo in romanzo a tutto tondo. de Giovanni sarà anche prolifico – scrive troppo, dice qualcuno – ma scrive bene. E’ un abile costruttore di trame, e dentro le sue storie sa muovere, far interagire i personaggi come i pezzi di una scacchiera, con la stessa vivacità ed autenticità delle storie reali. E così, dopo aver apprezzato la serie del commissario Ricciardi, ambientata in una Napoli insolita e fascista, con lo stesso colpevole ritardo mi sono tuffato nella serie dei Bastardi di Pizzofalcone che avevo già apprezzato nella declinazione televisiva, per gustarmi, capitolo dopo capitolo, il grande romanzo dell’Ispettore Lojacono e della sua squadra di poliziotti reietti.
Angelo Cennamo