
Pierre Lemaitre chiude col noir pubblicando il suo primo noir, scritto negli anni Ottanta e rimasto chiuso in un cassetto per qualche strana ragione spiegata dallo stesso autore nell’introduzione del romanzo. “Il serpente maiuscolo” è arrivato in libreria senza nessun’altra operazione di editing o cosmesi, difetti e imperfezioni compresi. È una storia a metà tra il Giallo e il Pulp, divertente anche per la trama surreale che Lemaitre ha costruito intorno alla figura della protagonista: Mathilde Perrin. Mathilde è una sessantenne tarchiata, vedova; ha una figlia sposata con un idiota, per di più americano, e vive in una villa fuori Parigi con un cucciolo di Dalmata. Quello che più conta, però, è che Mathilde è stata un’eroina della Resistenza francese. Non è un dettaglio, è l’antefatto dal quale si dipana tutta la storia e che fa di questa anziana signora, un po’ burbera, una micidiale serial killer. Attenzione: l’identità criminale della signora Perrin la scopriamo fin dalle prime pagine, non è un mistero. Ecco il ribaltamento: l’assassino di Lemaitre lo conosciamo già a pagina venti.
Protagonista numero due. René Vassiliev è l’ispettore di polizia che indaga sulle vittime di Mathilde. Vassiliev è un tipo taciturno, goffo, forse poco portato per il mestiere che fa; uno spilungone di due metri, magro, inappetente. Vassiliev prende ordini dal commissario Occhipinti e nel tempo libero flirta con l’infermiera del patrigno. Poverina!
Protagonista numero tre. Henri. È il personaggio più oscuro del romanzo, l’uomo dietro le quinte, la mente, il committente delle missioni omicide della signora Perrin. In alcuni passaggi del libro abbiamo la sensazione che non esista, che sia un’invenzione di quella pazza che va in giro ad ammazzare sconosciuti senza un chiaro criterio selettivo. Eppure Mathilde non fa che evocarlo, dichiarare ai lettori la simpatia, diciamo pure l’amore che non ha smesso di provare per il “Comandante” dai tempi della Resistenza, e a giustificarsi per qualche errore di troppo commesso nel suo macabro gioco di delitti.
Speriamo che Lemaitre ci ripensi: il noir ha ancora bisogno di lui.
Angelo Cennamo