
Nel 1940 un giovane ed eclettico giornalista del bellunese, trapiantato a Milano, pubblica un libro destinato a diventare uno dei romanzi più apprezzati della letteratura mondiale. Ha poco più di trent’anni Dino Buzzati quando, tra un reportage e un editoriale sul Corriere della sera, comincia a scrivere Il deserto dei tartari – forse il più bel romanzo italiano del ‘900. Nonostante il successo internazionale, in Italia Buzzati deve faticare parecchio per ottenere la giusta considerazione da parte della critica, che invece matura con maggiore disinvoltura in altri Paesi, a cominciare dalla Francia. Questo accade probabilmente per due ragioni. La prima, una propensione fin troppo originale e spinta al surrealismo, ad una letteratura quasi onirica, eccessivamente moderna nel tempo in cui gli italiani preferiscono il neorealismo di Levi, Fenoglio e del primo Pasolini, oppure l’esistenzialismo ante litteram di Moravia. La seconda, l’indifferenza di Buzzati nei confronti delle solite conventicole o correnti politicamente più attive nell’editoria e nel circuito degli artisti.
Nel 1958 è la volta di Sessanta racconti, una raccolta di scritti brevi, in parte già editi, con i quali l’autore vince il premio Strega. Da giornalista navigato, Buzzati è un maestro della scrittura breve; la forma del racconto gli è particolarmente congeniale perché mette in risalto il suo stile asciutto, essenziale, e il ritmo incalzante delle storie, sempre diverse, cariche di pathos, di suspance, di comicità e di poesia. Nei racconti di Buzzati spesso aleggia un mistero, talvolta è un evento che stenta ad avverarsi, altre volte è un fantasma “Gli amici”, “Racconto di Natale” e “L’assalto al grande convoglio”, nel quale un vecchio capo brigante, per tenere fede a una promessa fatta ad un suo giovane adepto, da solo, si lancia in un improbabile assalto ad un convoglio di valori. Trafitto inesorabilmente, nell’attimo del trapasso l’uomo rivede su una collinetta i suoi compagni morti e cavalca insieme a loro verso l’altro mondo.
Nel tragicomico “Sette piani” un malato molto sfortunato, nel giorno del suo ricovero, viene sistemato all’ultimo piano di uno stravagante ospedale. Il piano, gli viene detto, riservato ai casi meno gravi. Ma nonostante le continue rassicurazioni dei medici sul suo buono tato di salute, il paziente viene trasferito giorno dopo giorno ai piani inferiori, fino a che si ritrova nel girone dei moribondi.
Sessanta racconti è una vertiginosa carrellata di personaggi fantastici ed imprevedibili tra i quali non mancano draghi, marziani, gocce d’acqua che di notte salgono misteriosamente le scale di un condominio, e un simpatico facocero – ideato da Buzzati sessant’anni prima del cinghiale assassino di Giordano Meacci. Pagine di una letteratura inarrivabile e senza tempo.
Angelo Cennamo