
Coleman Silk è uno stimato professore di lettere classiche all’università di Athena, nel New England. Come preside della facoltà, e col pieno appoggio del nuovo rettore, Coleman prende il comando di un college antiquato, stagnante e sonnolento e, non senza pestare i piedi a tutti, gli toglie l’etichetta di casa di riposo per anziani professori, incoraggiando i rami secchi a chiedere il prepensionamento, reclutando giovani e ambiziosi assistenti e rivoluzionando il programma di studi. Un giorno però basta una parola detta per sbaglio e male interpretata a scatenare l’inferno. Coleman deve difendersi da un’ingiusta accusa di razzismo che lo costringe ad abbandonare l’università. A quel punto tutto il suo mondo, la brillante carriera accademica, la sua bella famiglia crollano sotto il peso della impurità, della crudeltà, dell’abuso e dell’errore. All’età di 71 anni, dopo aver perso gloria e reputazione, e pure sua moglie – uccisa dal dolore per quel tragico stravolgimento – il professor Silk inizia una relazione con una donna delle pulizie trentaquattrenne che lavora al college: “si chiamava Faunia Farley, e qualunque fosse la sua infelicità, la teneva nascosta dietro uno di quegli inespressivi volti ossuti che, senza nulla celare, tradiscono un’immensa solitudine”. La giovane vita di Faunia è segnata da una serie infinita di deviazioni e tragedie familiari. Con il vecchio ma dinamico Coleman, la bidella tuttofare di Athena scopre una sensibilità mai conosciuta prima, fatta di cultura, tenerezza e rispetto. Ma c’è dell’altro: Faunia è la sola depositaria del segreto che Coleman per cinquant’anni ha nascosto a tutti, perfino alla moglie e ai figli. Un segreto che il vecchio preside porterà insieme a lei nella tomba nell’ultimo tornante della sua seconda vita.
La storia raccontata ne La Macchia Umana è ambientata nel 1998, nei mesi in cui imperversa lo scandalo sessuale di Bill Clinton alla Casa Bianca. Le due vicende, per quanto diverse, sembrano sovrapporsi all’interno del medesimo scenario, quello di un’America puritana, bigotta, turbata, quasi offesa dalla macchia di sé che il presidente degli Stati Uniti lascia sul vestito di Monica Lewinski. L’imperdonabile goccia di impurità che fa traboccare il vaso dell’ipocrisia e del politicamente corretto “Noi lasciamo una macchia, lasciamo una traccia, la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c’è altro mezzo per essere qui.”
Angelo Cennamo