
Viaggiare attraverso gli Usa guidati da un buon libro fino ad inoltrarsi in quell’angolo remoto del New England, in alto a destra osservando la cartina, che profuma di campagna e più a est di salsedine, lì sulla costa frastagliata di pontili e imbiancata da stormi di gabbiani che nella nebbia del primo mattino garriscono ai pescatori di aragoste. Eccolo il Maine, il piccolo mondo antico, luogo dell’anima che Elizabeth Strout dilata in lungo e in largo per tessere le trame dei suoi racconti melodiosi e carichi di buoni sentimenti, proprio come un’altra grande scrittrice, l’italiana Elena Ferrante, fa con la sua Napoli. E’ un’altra America, il Maine, molto diversa da quella che vediamo nei telefilm polizieschi o che leggiamo nei romanzi di Don DeLillo, lontana dal frastuono delle metropoli, puritana, forse un po’ bigotta, ma ricca di umanità. Resta con me è il secondo romanzo di Elizabeth Strout, pubblicato nel 2006, tre anni prima del più celebre e pluripremiato Olive Kitteridge. La storia è ambientata alla fine degli anni Cinquanta nella piccola comunità protestante di West Annet, una cittadina del nord, vicino al Sabbanock River, “lassù, dove il fiume è stretto e gli inverni erano particolarmente lunghi“. Qui si trasferisce Tyler Caskey, un giovane reverendo, brillante, carismatico, sposato con una donna bella e sensuale. La presenza dei coniugi Caskey è per la piatta e sonnolenta cittadina di West Annet come una ventata di freschezza. Tyler è un ragazzo prestante, gentile, conciliante, con la voce profonda e sonora, e sa intrattenere i fedeli con sermoni sempre originali e appassionati. Il suo stile così insolito e informale affascina e incuriosisce: Tyler non legge, non prende appunti, e quando parla “una luce sembrava illuminare i suoi lineamenti“. Sua moglie Lauren “era una donna di indubbia bellezza tanto da essere stata oggetto di chiacchiere fin dall’inizio, dalla sua prima comparsa alla cena con i diaconi e le loro mogli“. A quanto si diceva, la signora Caskey doveva trascorrere parecchio tempo davanti allo specchio: era vanitosa e amava i vestiti griffati. Troppo spendacciona per quel “bifolco di quattro soldi” di Tyler, come lo definiva il padre di lei. La storia si accende con la morte prematura di Lauren, evento che trascina il reverendo e la sua prima figlia, Katherine, in un vortice senza fine di pettegolezzi e di maldicenze. La bambina smette di parlare e si isola dai suoi compagni di scuola. Ha un ritardo mentale, dirà la sua insegnante. Tyler sarà invece additato come l’amante della sua domestica Connie Hatch, donna troppo vecchia per lui, e soprattutto già sposata per diventare la sua nuova compagna.
“Quando ogni aiuto vien meno e il conforto svanisce….Resta con me, o Signore” è questo l’inno preferito di Tyler, il mantra che il giovane reverendo ripete a se stesso per rafforzare la propria fede e per resistere alla meschinità e alle calunnie dei suoi parrocchiani, insipegabilmente aridi e insensibili di fronte al dolore che lui sta vivendo.
Resta con me è un romanzo scritto sotto voce, con il garbo e la delicatezza ai quali Elizabeth Strout ci ha abituati fin dal suo libro di esordio Amy e Isabelle. La scrittura fluida e avvolgente della Strout è come una carezza consolatoria, una magia di rara bellezza, classe cristallina, vera letteratura.
Angelo Cennamo