SEMINARIO SULLA GIOVENTU’ – Aldo Busi

Seminario sulla gioventù - Aldo Busi

“Che resta di tutto il dolore che abbiamo creduto di soffrire da giovani? Nulla, neppure una reminiscenza. Il peggio, una volta sperimentato, si riduce col tempo ad un risolino di stupore, stupore di essercela presa per così poco.”

Inizia così uno dei più bei romanzi italiani della seconda metà del Novecento. L’incipit di Seminario sulla gioventù di Aldo Busi è una carezza che intenerisce il cuore e che ci spalanca gli occhi sull’inafferrabile senso del divenire. Seguiranno tante altre pagine di passione, solitudine, disincanto. In un paesino della campagna lombarda travagliata dalla seconda guerra mondiale e dalla fame, vive Barbino, un ragazzino vispo e sensibile, curioso della vita. Sua madre sgobba tutto il giorno per mantenere lui con i suoi tre fratellini e un marito violento e scansafatiche. Si arrangia come può, al mercato, in osteria, e Barbino le va dietro, imparando a fare il bucato, perfino a ricamare. È sempre lì, Barbino, con le altre donne del paese a fare centrini, ad ascoltare discorsi e confidenze “Le donne raccontavano storie, gli uomini si raccontavano storie” spesso noiose. La scoperta del sesso passa attraverso la vestaglia di mamma, luogo proibito di odori e di sensazioni nuove, impronunciabili. Barbino la indossa e vola con la fantasia: canta, danza. Intanto in paese le voci corrono. Il maestro elementare Petenfio lo circuisce in cambio di una tazza di latte “Non sarebbe stato facile dire chi dei due era preda dell’altro.” Lo scandalo esplode quando Barbino denuncia in un tema gli abusi dell’insegnante di religione, anche lui, praticati su alcuni alunni della scuola, vittime silenziose di un clima di ignoranza e di omertà contro il quale il giovane protagonista si ribella con tutte le proprie forze, a costo di cambiare aria e abbandonare il campo. Inizia così un lungo e avventuroso vagabondaggio fatto di numerosi incontri e di esperienze imprevedibili. Barbino lavora nei bar di Venezia e di Milano dove conosce nientemeno che Eugenio Montale, per poi trasferirsi in Francia. Trovare una sistemazione a Parigi, a migliaia di chilometri da casa, non è semplice. Il giovane si barcamena tra mille mestieri: barista, cameriere, sguattero, sempre per pochi franchi e alla ricerca di un letto. Come un randagio, la notte se ne va in giro per gabinetti pubblici e altri luoghi malfamati a scambiare sesso con altro sesso, sognando l’amore vero, la chimera. Una donna francese, Arlette, lo accoglie a casa sua e lo accudisce come un’ancella. La parte centrale del romanzo è imperniata sul rapporto-scontro tra i due. Arlette è una donna sola e annoiata, sa dell’omosessualità del suo ospite, ma non si rassegna: se ne innamora ma pretende da lui l’impossibile. Barbino è ambizioso: studia, impara la lingua, si lascia tentare dal mondo della danza e dal Folies-Bergère; poi, grazie a una raccomandazione, sceglie di lavorare nella tipografia di una banca, ma non per molto: dopo la Francia, lo attende l’Inghilterra “Non ho né nido né nicchia, né padre né madre né fratelli né amici né amanti né prole. Volo”.

Seminario sulla gioventù è un romanzo fluvuale “una colata di parole” scrive Piero Bertolucci nella postfazione del libro, che ha visto la luce dopo ben diciassette stesure per poi essere ripubblicato negli anni Duemila con l’aggiunta di un capitolo inedito Seminario sulla vecchiaia. Aldo Busi si è spesso autodefinito il più bravo scrittore italiano, e io gli credo; la sua prosa torrenziale – massimalismo argomentativo – rigogliosa, il suo italiano sontuoso, forse inarrivabile, ci sommergono di poesia e di bellezza. Busi ci prende a schiaffi con frasi crude, ma mai volgari, per poi ammansirci con locuzioni dolci e miste di dolore. “Non è un romanzo autobiografico”, ha precisato più volte l’autore. Io invece penso che questo romanzo somigli a Busi più della sua stessa vita.

Angelo Cennamo          

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