
Alessandro Mari, classe 1980, una laurea in lingue e letterature straniere con tesi sul postmodernismo di Thomas Pynchon, Scuola Holden, e un esordio col botto grazie a un librone di ottocento pagine sul risorgimento Troppo umana speranza, vincitore del premio Viareggio-Rèpaci. Nel 2017 esce il suo quinto romanzo intitolato Cronaca di lei, una storia drammatica ambientata nel mondo dello sport e dello show-business.
Milo Montero – soprannominato One Way perchè di fronte agli avversari non indietreggia mai – è un pugile sull’orlo del declino. Dopo una bruciante sconfitta, il divorzio dalla moglie inglese, e due operazioni all’occhio sinistro, all’età di trent’anni Milo vuole rientrare tra i professionisti per difendere il titolo europeo contro il gigante tedesco Mayer. È una sfida sulla carta proibitiva, ma intorno al campione italiano si mette in moto una macchina organizzativa super collaudata: il primo maestro, Pietro Sciuto, vecchia scuola, che lo allena sulle note e al ritmo di Beethoven; il preparatore atletico Viktor l’amico a cui da anni consegna l’intimità del corpo e il logoramento da risanare; Denis, l’autista tatuato che scorrazza l’intero clan, cane compreso, col fuoristrada dai vetri scuri, e soprattutto lei, la sorella Irene quella che gli permette di essere chi è. Irene è una manager cinica, spietata, forgiata dalla povertà e l’impossibilità, dalle possibilità conquistate e dalla lotta. Dai soldi. È lei, Irene, a gestire l’impero economico di Milo: incontri, sponsor, che mette sul mercato prodotti con il suo suo marchio, e che ha l’idea di ingaggiare uno scrittore, Leo Ruffo, per raccontare in un libro le prodigiose avventure di One Way.
Ora però nella vita misurata e organizzatissima del pugile è comparsa un’altra donna, la donna che gli fa battere il cuore, una puttana, una specie di modella, la definisce Irene, una figura enigmatica, venuta dal nulla, senza passato e senza nome, che Mari chiama semplicemente la ragazza. Lei e Milo parlano la stessa lingua, fatta soprattutto di piccoli gesti, di sesso, di ginnastica, più che di parole. Fin da subito, il rapporto difficile e litigioso tra la ragazza e Irene diventa uno dei temi dominanti dell’intero romanzo. Le due donne si guardano con diffidenza, e interagiscono unicamente per una causa comune: il successo di Milo, ovvero il denaro di tutti. Simul stabunt simul cadent: è questo il principio, il perno sul quale si regge il sistema affaristico sapientemente costruito da Irene intorno al fratello. Un fragile equilibrio che comincia però a scricchiolare definitivamente per via di una terza donna: Sara, la coinquilina lesbica della fidanzata di Milo, inciampata suo malgrado in un brutto episodio che finirà per stravolgere il corso della storia. È qui, infatti, che la narrazione devia dalla vicenda sportiva del pugile per arricchirsi di nuove trame, oscure ed imprevedibili. La ragazza, poco alla volta, smette di essere una figura di contorno, la misteriosa comparsa dei primi capitoli, e inizia ad acquistare spessore, fino a diventare la vera protagonista del romanzo. La vicenda di Sara diventa allora il paradigma che ridefinisce i confini del bene e del male, la soglia oltre la quale ogni compromesso si fa complicità. Ora la ragazza deve decidere da che parte stare, e se per vendicare l’amica valga la pena oppure no tagliare quel filo doppio, il filo della reticenza, che lega tutti i membri del clan, lei compresa. Siamo alle ultime cinquanta pagine della storia che nelle sue battute conclusive non risparmia colpi di scena e una clamorosa sterzata sul traguardo firmata da Leo Ruffo, il biografo dei Montero.
Cronaca di lei è un romanzo avvincente, con ambientazioni neutre: camere di hotel, palestre, ville, palazzoni metropolitani, aeroporti – siamo in una indefinita provincia italiana, talvolta a Milano, ma potrebbe trattarsi anche di Detroit o Londra – un libro ben strutturato, moderno oltre ogni limite, dalla scrittura pulita, scorrevole, gelida, e colta quanto basta. Mari è padrone del suo tempo, della lingua di questo tempo, non guarda alla tradizione né strizza l’occhio all’America, per quanto il suo stile ricordi a tratti quello di DeLillo. Mari scrive come scrive perché è giovane per davvero, ed è bello pensare che la globalizzazione si insinui anche nella prosa annullando distanze e falsi miti.
Angelo Cennamo