SPORTSWRITER – Richard Ford

Sportswriter - Richard Ford

Ha raccontato una volta Richard Ford che certe sue intuizioni lui le annota su un taccuino. Appunta frasi, sensazioni, e le tiene lì ferme, in attesa di collocarle in un romanzo che non esiste. Eccone una “Solo gli scrittori veri – purtroppo – fanno parte di un club che ha soltanto un membro”. Chissà, mi sono chiesto quando l’ho letta, se Ford questa frase aveva pensato di scriverla proprio per Sportswriter il primo dei libri che raccontano la vita di Frank Bascombe, il suo Grande Romanzo Americano diluito in uno dei più straordinari cicli letterari che siano mai stati pubblicati tra il Texas e il Maine.   

“Mi chiamo Frank Bascombe. Faccio il giornalista sportivo” Inizia così la storia dell’everyman uscito dalla penna di Ford, l’americano medio che il Paris Review ha definito “uno dei più memorabili protagonisti dei nostri tempi”. Bascombe ha scelto di vivere sulla costa del New Jersey, nella piccola e anonima città di Haddam, lontano dal frastuono della Grande Mela: di notte New York può diventare una città devastante per un uomo solo. Ha alle spalle un matrimonio finito con X – ma la vita è lunga, Frank  “È possibile amare una donna, e nessun’altra, e non vivere con lei e non vederla” – due figli, e un terzo, Ralph, morto bambino con la sindrome di Reye. A soli venticinque anni, il nostro antieroe ha abbandonato una promettente carriera di scrittore per fare il giornalista sportivo. Perché? Mancanza di ispirazione “avevo perso il mio senso dell’anticipazione. L’anticipazione è il dolce dolore di chi sa cosa verrà dopo: è un imperativo per ogni vero scrittore…scrivere di sport garantisce il metodo più facile per placare la sofferenza dell’anticipazione”. Fare il giornalista sportivo più che al mestiere dello scrittore somiglia a quello dell’uomo d’affari, al commesso viaggiatore, di quelli che c’erano una volta. Ma per Frank non è affatto una retrocessione. Il suo periodo di offuscamento è “difficile dire che cosa è la causa di che, perché, in fondo, tutto è la causa di tutto” lo divide tra il lavoro, gli amici del Club Dei Divorziati e la nuova fidanzata Vicki, la giovane infermiera che sa tenergli testa e mandarlo kappao quando meno se lo aspetta. Frank è un uomo saggio e navigato. A pag. 139, l’amaro disincanto raggiunge vette narrative altissime: “Ho smesso di cercare di conoscere chiunque altro da dentro, di essere dentro di lui perché tanto non può funzionaresono anche diventato meno austero e meno scrittore serio; mi preoccupo molto meno della complessità delle cose, guardo alla vita in modo più semplice e letterale…A me piace considerarmi un letteralista. Qualsiasi cosa ci capiti, sarà, alla lettera, quel che ci capita, quando ci capiterà.  Io cerco solo di sistemare tutto meglio che posso, secondo le mie abilità”. Grande lezione di vita e grande lezione di letteratura. Le perle di saggezza di Bascombe – nel romanzo ce ne sono tante – si mescolano al talento di Ford perché i due sono praticamente la stessa persona, come Zuckerman e Philip Roth  “Se scrivere di sport insegna qualcosa è che se si vuole che la vita abbia qualche valore, bisogna essere preparati ad affrontare, presto o tardi, l’evenienza del rimpianto più terribile e amaro. E bisogna essere capaci di sfuggirvi, perché se no si corre il rischio di rovinare la propria esistenza”. Frank è riuscito a fare entrambe le cose: ha affrontato il rimpianto, ha evitato la rovina ed è ancora qui a raccontarlo “Quando le cose vanno male, dò il meglio di me. Con il successo, peggioro”. La parte finale del romanzo è occupata dal racconto di una lunga e tormentata giornata di Pasqua – i giorni di festa di Bascombe, specialmente il 4 luglio, sono sempre complicati – durante la quale al protagonista della storia accade di tutto “Il fatto è, Frank, che quando diventiamo adulti tutto d’un tratto diventiamo la cosa che si vede, non siamo più quelli che la vedono”, gli dice Walter, l’amico del Club Dei Divorziati, che dopo avergli confidato di aver perso la testa per un uomo, si lascia risucchiare nel tragico vortice della depressione. Gli sarebbe bastato chiamare una puttana da cento dollari, pensa Frank, e sarebbe andata diversamente. Questione di feeling.

Angelo Cennamo               

 

 

 

 

Standard

Lascia un commento