UCCIDI IL PADRE – Sandrone Dazieri

 

 

Uccidi il padre - Dazieri

 

Ho già scritto in altre occasioni che il noir è il fenomeno più interessante prodotto dalla letteratura italiana negli ultimi dieci anni. Lo ribadisco. Esiste una prolifica e variegata generazione di giallisti  – pessima semplificazione per indicare gli autori del romanzo poliziesco in tutte le sue sfumature – che si fa valere non soltanto sul mercato interno ma che non teme la competizione straniera. Per comprendere le dimensioni di questo fenomeno basta citare alcune case editrici, Sellerio ed Edizioni E/O su tutte, che di questo genere – altra brutta parola – ne hanno fatto quasi un marchio distintivo.

Sandrone Dazieri, scrittore lombardo dalla biografia americana – mille mestieri e disavventure prima di dedicarsi alla narrativa – si è fatto apprezzare nei primi anni Duemila per una serie di romanzi gialli – la saga del Gorilla – dai quali è stato tratto anche un film di successo interpretato da Claudio Bisio. Nel 2014 la svolta. Dazieri scrive un thriller di circa seicento pagine e firma il suo capolavoro. Uccidi il padre, questo il titolo del libro, diventa un caso editoriale e viene tradotto in mezzo mondo, dagli Stati Uniti al Giappone. Il primo capitolo di una trilogia che con L’Angelo e l’imminente I Fratelli ( titolo provvisorio) ha aperto un nuovo ciclo e un percorso artistico forse dal respiro più ampio rispetto a quello delle opere precedenti. Ma andiamo con ordine. Uccidi il padre racconta una storia drammatica che oltrepassa i confini del noir o poliziesco che dir si voglia, e che vede come protagonisti due personaggi indimenticabili: Colomba Caselli e Dante Torre, due detective stravaganti, dalla personalità originale, quasi borderline. La prima è una poliziotta in aspettativa, sul punto di dare le dimissioni, perché scioccata da una precedente vicenda professionale “Il Disastro” Si era fatta strada in un mondo di uomini, molti dei quali l’avrebbero vista più volentieri portare il caffè invece di una pistola, e aveva imparato a nascondere debolezze e guai a tutti . Il secondo è meglio conosciuto come “Il bambino del silo” perché venticinque anni prima era stato rapito e tenuto prigioniero per oltre undici anni da un uomo misterioso che lo obbligava a chiamarlo “Padre”. Colomba soffre di attacchi di panico. Dante è un paranoico claustrofobico,  Xanax dipendente, che beve ettolitri di caffè e cerca di riappropriarsi del tempo perduto collezionando dischi, film e altre cianfrusaglie degli anni Ottanta. Per guadagnarsi da vivere si è inventato un mestiere ritagliato sulla brutta storia che ha vissuto nell’infanzia. Il romanzo si apre con il ritrovamento del cadavere di una donna in un parco nella periferia di Roma. Dante e Colomba indagano sulla scomparsa del figlio della donna. E’ un’indagine clandestina perché Colomba è stata richiamata segretamente in servizio da un suo superiore, preoccupato che gli altri suoi colleghi possano sviare l’inchiesta o, peggio, insabbiarla. Tutto lascia pensare che l’autore del delitto sia il marito della vittima e che lo stesso uomo abbia ucciso anche il figlio. Ma un dettaglio importante, il ritrovamento di un oggetto sul luogo della scomparsa, riaccende i ricordi di Dante: l’assassino è il Padre, l’orco che venticinque anni prima lo aveva rapito e tenuto prigioniero nel silo. Solo una farneticazione per gli inquirenti, ma Dante non ha dubbi: il Padre è ancora vivo ed è tornato per uccidere. La storia, ambientata tra Roma e Cremona, è avvincente e ricca di colpi di scena, sulla falsariga dei migliori thriller d’oltreoceano. Il ritorno del mostro ricorda la ricomparsa di It nel capolavoro di Stephen King. Nel romanzo americano l’orco è un’entità multiforme che riemerge dalle viscere della terra ogni venticinque anni. Nel libro di Dazieri, una figura altrettanto misteriosa dietro la quale potrebbe celarsi chissà quale complotto. Di Uccidi il padre ci colpiscono tre cose in particolare: l’impianto narrativo, solido ed originale; la forte connotazione psicologica dei protagonisti, un uomo e una donna emotivamente fragili ma nello stesso tempo determinati e sprezzanti del pericolo; il ritmo che l’autore  è riuscito ad imprimere alla narrazione dalla prima all’ultima pagina con una scrittura agile e senza fronzoli. Quale misteriosa ragione o consuetudine abbia impedito a questo romanzo di finire perlomeno nella cinquina del premio Strega, resta un ultimo mistero, l’unico, temo, che Dazieri non potrà svelarci.

Angelo Cennamo

Standard

Lascia un commento