
“Da dove comincia una vita?” Si chiede Sandra Petrignani all’inizio del libro che ha dedicato alla scrittrice Natalia Ginzburg. Da dove comincia la recensione di un libro come il suo, mi chiedo io, così fitto di storie, aneddoti, curiosità, retroscena, e così ricco di approfondimenti non solo sulla vita della Corsara – nome che ci riporta agli scritti graffianti del Pasolini di via Solferino – ma di quel vasto mondo di letterati che insieme a lei ha orbitato intorno alla Einaudi in pieno Novecento. Natalia chiamata così come la protagonista di Guerra e pace, Natalia che sposa Leone Ginzburg, cofondatore della Einaudi ed eroe della Resistenza, che di Guerra e pace ha il nome del suo autore. Natalia che della Einaudi ne diventerà anche dirigente dopo la morte in carcere del marito, il suo primo marito: in seconde nozze sposerà Giovanni Baldini. Insomma, Natalia e la letteratura sono destinate ad incontrarsi e a non lasciarsi più. Dove comincia una vita? Quella della Ginzburg nella Palermo di inizio secolo, ultima figlia, dopo tre fratelli e una sorella, di Giuseppe Levi – scienziato triestino, ebreo, che alla soglia dei settant’anni sarà maestro ed amante, scopriremo, di una giovane Rita Levi Montalcini – e della milanese Lidia Tanzi. Il trasferimento a Torino avverrà pochi anni dopo, in quell’appartamento di via Pastrengo divenuto scenario del romanzo più celebre Lessico famigliare. Sandra Petrignani visita i luoghi dell’infanzia alla ricerca delle ultime tracce riconoscibili: l’albero nel giardino, una finestra, le voci dei giochi che riecheggiano nella memoria. Molte cose sono cambiate e in tanti neppure sanno della grande scrittrice, dei suoi libri. La passione per la scrittura la Ginzburg la coltivò già nei primi anni della giovinezza, per quanto a scuola fosse un’asina e dovesse faticare non poco per conseguire la maturità. L’incontro con Leone Ginzburg è un momento cruciale della sua esistenza e di riflesso della sua biografia. Leone ci viene descritto come un uomo brutto ma intelligentissimo e molto colto, cospiratore antifascista fin dai tempi del liceo. Un apolide alla ricerca di radici, mezzo italiano, mezzo russo. Al suo amico Augusto Monti disse una volta “Sono senza patria due volte, come ebreo e come russo”. Struggenti le parole dell’ultima lettera inviata dal carcere alla giovane moglie “La mia aspirazione è che tu normalizzi, appena ti sia possibile, la tua esistenza; che tu lavori e scriva e sia utile agli altri”. Questo era Leone. Sono anni difficili, la guerra, la persecuzione degli ebrei, Natalia sola con due figli da crescere. La Einaudi diventerà il suo rifugio ma anche il luogo della sua consacrazione. Insieme a lei un gruppo di giovani intellettuali destinati a scrivere la storia della letteratura italiana: Italo Calvino, Alberto Moravia, Elsa Morante, Cesare Pavese. Le pagine dedicate all’amico “Cesarito”, ai suoi tormenti, a quella solitudine autoinflitta che accompagnò lo scrittore fino al giorno del tragico addio, la notte tra il 26 ed il 27 agosto del 1950, sono tra le più emozionanti del libro “Scelse, per morire, un giorno qualunque di quel torrido agosto; scelse la stanza di un albergo nei pressi della stazione: volendo morire nella città che gli apparteneva, come un forestiero……Guardò oltre la morte, come quelli che amano la vita e non sanno staccarsene”. Questa parte del racconto mi ha ricordato un’altra storia d’amore e di amicizia ambientata nella Napoli del dopoguerra, le vicende della giornalista militante Francesca Spada e del genio della matematica Renato Caccioppoli, splendidamente evocate da Ermanno Rea in Mistero napoletano. La lunga e straordinaria vita di Natalia, tra amori più o meno taciuti ( Salvatore Quasimodo, Cesare Garboli), libri, articoli di giornale, impegni politici, segue i dossi e le curve del Novecento; non c’è evento, fatto, guerra, strage, nel quale Natalia non sia in qualche modo coinvolta, direttamente o attraverso il suo pensiero critico di saggista e romanziera. Natalia è lo specchio del Novecento e il Novecento si riflette in lei. Questo e molto altro racconta Sandra Petrignani nel ritratto fedele, intenso della donna e della scrittrice che meglio di tante sue colleghe ha saputo incarnare lo spirito del secolo in cui ha vissuto. Non è un saggio, La Corsara, ma un romanzo vero, un meraviglioso grumo di ricordi, di tracce indelebili che la Petrignani ha raccolto e filtrato attraverso la propria esperienza di letterata e di ammiratrice della Ginzburg. Sandra Petrignani di questa storia ne fa parte, per certi versi ne è la continuatrice, le suggestioni che rivive e trasmette ai lettori visitando i luoghi e parlando con i testimoni dei fatti raccontati, sono parte integrante della sua narrazione, sempre vorticosa, incalzante, amorevole. Un libro necessario.
Angelo Cennamo


