L’ATTORE – Mario Soldati

L'attore - Mario Soldati

Enzo Melchiorri è un vecchio caratterista senza lavoro alle prese con i debiti di gioco della moglie Licia. Vive a Bordighera, in una villa oggi ipotecata per finanziare le serate al casinò di Sanremo della consorte e per tirare avanti alla meglio. L’incontro con l’altro protagonista – senza nome e voce narrante della storia – è casuale. L’altro è un regista in trattativa con la Rai per uno sceneggiato nel quale potrebbe trovare un ruolo lo stesso Melchiorri, che ora spera di ritornare nel giro grazie all’aiuto dell’amico. La messa a punto del teleromanzo tuttavia si rivela più complicata del previsto e si perde in mille “vedremo” e “le faremo sapere”.

L’attore, romanzo del 1970 e vincitore del premio Campiello, è l’opera di maggiore successo di Mario Soldati, scrittore per troppi anni dimenticato ed oggi riportato in libreria dalla Bompiani con una serie di pubblicazioni rinnovate anche nella veste grafica. La trama, nella sua prima parte, è incentrata sulla figura ancora sconosciuta di Melchiorri: i vecchi fasti del teatro dell’anteguerra, la fisicità goffa quasi da effeminato, il cono d’ombra nel quale è stato risucchiato negli anni del boom economico, il ricordo dei tempi migliori, la generosità a dispetto del pregiudizio che molti colleghi nutrivano nei suoi confronti, le cene notturne in una trattoria dietro piazza di Spagna dove oggi c’è un grande magazzino. E’ un’Italia che cambia pelle quella che ci descrive Soldati tra le pieghe della vicenda personale del protagonista, un Paese distratto dall’insperato benessere, alla ricerca di nuovi miti, stili e forme di spettacolo più moderne. La Rai, con la sua burocrazia e le sue clientele, è il contesto nel quale Soldati ambienta una metà della storia. L’altra metà si svolge in Costa Azzurra, nel mondo del gioco d’azzardo, della bella vita: lo spaccato preciso, malinconico, di una borghesia in declino, presto fuori moda, che ha già dato il peggio di sé. Qui la narrazione perde il mordente dei primi capitoli per sfilacciarsi nel groviglio dei tradimenti di Melchiorri con le sue domestiche, negli alti e bassi – più bassi – del suo matrimonio, nell’ossessione senza fine di Licia per il gioco. Almeno cento pagine di troppo per un’opera che sarebbe stato meglio contenere, comprimere, nella metà del suo volume cartaceo per farne un racconto anziché un romanzo.

Angelo Cennamo

Standard

Lascia un commento