LE FIGLIE DI CAINO – Colin Dexter

 

Le figlie di Caino - Dexter

 

Leggendo le note biografiche di Colin Dexter scopro che è stato docente di greco e uno specialista di enigmistica. Ecco, mi sono detto, da dove provengono tutte quelle citazioni dotte e le numerose dissertazioni sulla mitologia e la poesia classica. Confesso di essermi imbattuto in questo scrittore con colpevole ritardo e per puro caso. Mi trovavo in libreria a controllare le ultime novità della Sellerio, quando ad un tratto, tra Manzini e Malvaldi, la mano mi è scivolata su un romanzo poliziesco dal titolo intrigante: Le figlie di Caino. Di Dexter avevo letto delle buone recensioni, ma lo avevo sempre evitato non saprei dire per quale ragione. Forse nessuna in particolare. Dexter scrive – anzi scriveva – romanzi seriali il cui protagonista è l’ispettore di polizia Morse ( nome di battesimo non pervenuto). Morse è un personaggio simpaticissimo: flemmatico, dotto, ironico, e duetta con il suo vice, il sergente Lewis, alla maniera di Sherlock Holmes con l’assistente  Watson. Il caso è di quelli complicati se non impossibili, il cui unico indizio è l’assenza totale di indizi. Un ex docente di storia antica all’università di Oxford viene assassinato con una sola coltellata. Nessuno ha visto né sentito e l’arma del delitto non si trova. I due poliziotti indagano nel mondo universitario – lo fanno senza ricorrere ad effetti speciali, attraverso pedinamenti ed interrogatori: Morse e Lewis sono detective vecchio stampo – e gli intrecci con le altre storie più o meno parallele, di droga, prostituzione e abusi sessuali, vanno a rinfocolare la trama centrale che scorre con grande ritmo per le tutte le 468 pagine del libro.

Le figlie di Caino è un romanzo giallo tecnicamente perfetto, ovviamente dal sapore e dalle atmosfere british. Qualcuno paragona il Morse di Dexter al Montalbano di Camilleri. La simmetria potremmo estenderla, perché no, anche al Maigret di Simenon. Quel che conta di più è che Dexter sa coinvolgere il lettore, tenerlo sulla corda fino alla fine, erudirlo con le mille disquisizioni di letteratura classica, filosofia, di storia antica, e divertirlo con il suo humor inglese. Romanzo piacevolissimo. Dieci e lode.

Angelo Cennamo

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CORPUS CHRISTY – Bret Anthony Johnston

CORPUS CHRISTY - Bret Anthony Johnston

Di Bret Anthony Johnston avevo letto e apprezzato Ricordami così, il suo primo romanzo, pubblicato in Italia da Einaudi nel 2015. Quarantenne, magro, occhialuto, look casual, docente di scrittura creativa all’università di Harvard, Bret Anthony Johnston è anche visivamente l’incarnazione del romanziere di talento. Corpus Christy è il suo libro d’esordio, vincitore di numerosi premi e riconoscimenti. Storie di tenerezza e di sofferenza ambientate nel Texas dei nostri tempi: separazioni, lutti familiari, l’esperienza del carcere, la malattia. Il traffico, la spesa al supermarket, la tv, il clima di attesa per un uragano che sta per abbattersi sulla costa, metafora forse di una catarsi alla quale i protagonisti delle storie stanno per avvicinarsi. Il contesto ricorda quello del New Jersey di Frank Bascombe, l’everyman della fortunata quadrilogia di Richard Ford:  la costa minacciata dalle onde e dal vento, le giornate che si susseguono tra impegni di lavoro e piccole incombenze, la birra come interpunzione di una ripetitività grigia e ineluttabile. I ricordi di un tempo ormai andato, migliore di quello presente, e la speranza che la tempesta – l’uragano nel cielo e l’angoscia di vivere – passi presto, trascinando via con sé tutto il dolore. Magnifica la scrittura, di un minimalismo quasi carveriano, con quel non detto che lascia aperta la porta all’immaginazione e scava nell’intimità di ogni personaggio. Un libro malinconico, un bel libro.

Angelo Cennamo

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A BOCCE FERME – Marco Malvaldi

 

 

A bocce ferme - Malvaldi

 

Con Marco Malvaldi la geografia del noir ci porta in Toscana, in una località amena – si dice così – del litorale pisano, dove un manipolo di pensionati si ritrova al bar per scambiare quattro chiacchiere, raccontarsi della giornata, ma anche per indagare su delitti misteriosissimi. Aldo, Amelio, Pilade e il Rimediotti sono i vecchietti del BarLume, la banda della Magliadilana o, se preferite, la DIA: Direzione Investigativa Anziani. In un mondo popolato di commissari, ispettori e marescialli dei carabinieri, la trovata di Malvaldi di scegliere come protagonisti dei suoi romanzi seriali quattro ottuagenari è stata davvero geniale. Malvaldi è uno scrittore arguto, pungente, divertente, e i suoi gialli comici sono ormai diventati un appuntamento irrinunciabile per gli appassionati del genere e non solo. A bocce ferme – romanzo del 2018 – racconta la vicenda di un uomo che confessa nel proprio testamento un omicidio commesso ben cinquant’anni prima; un caso di cui parlarono tutti i giornali dell’epoca, che però non fu mai risolto. E’ una storia di imprenditori, di paternità incerte e di eredità controverse. Ma è soprattutto lo spunto per aprire la porta ai ricordi, pubblici e privati, legati alla stagione del ’68: la contestazione dei giovani universitari, le lotte operaie, l’emancipazione femminile. La confessione molto postuma di Camillo Luraschi, il facoltoso imprenditore passato a miglior vita, lascia diversi dubbi e i vecchietti del BarLume, tra un flashback e l’altro, riusciranno come sempre a fare luce su una verità nascosta per troppo tempo. Ne viene fuori un racconto piacevole, scritto per un terzo in toscano, che offre al lettore uno spaccato preciso, puntuale, della bella provincia italiana, a metà strada tra i libri di  Giovannino Guareschi e Amici miei di Mario Monicelli.

Con A bocce ferme Malvaldi si conferma un autore vivace, di una leggerezza soave che non annoia, e la Sellerio una casa editrice esperta, capace come poche altre di scovare giovani talenti che hanno dato nuova linfa alla nostra letteratura arricchendo un filone – il noir –  nel quale noi italiani, da diversi anni, non siamo secondi a nessuno. Viva il giallo italiano, viva gli scrittori genuini e divertenti come Marco Malvaldi.

Angelo Cennamo

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