
Sono giorni terribili per Rocco Schiavone: la fidanzata di un caro amico è stata ammazzata per errore, il bersaglio doveva essere lui. Dopo Marina, la moglie fantasma con la quale dialoga in corsivo, Adele è la seconda donna a morire al posto di Rocco. L’omicidio è legato al passato del protagonista, ad una vecchia storia di borgata, questioni personali che sfuggono alle maglie della legalità, un crinale invisibile, scivoloso, la dark side della sua invincibilità. L’omicidio di Adele è la trama parallela di un altro delitto: l’assassinio in carcere di un mafioso che tutti credono morto per infarto. Una rottura di coglioni del decimo grado che costringe Schiavone ad indagare in cella, tra detenuti e secondini, su un complicato giro di usura e di appalti truccati. Con lui, il cast di sempre: i poliziotti imbranati D’Intino e Deruta, il viceispettore Caterina Rispoli, e Italo Pierron, il giovane collega col quale Schiavone di tanto in tanto arrotonda lo stipendio con qualche lavoretto extra.
Come sempre, il racconto si sviluppa sul doppio binario, quello valdostano e quello romano. Nella parte capitolina della narrazione, i dialoghi tra Rocco e gli amici furfanti, Seba e Brizio, ci riportano alle ambientazioni pasoliniane dei Ragazzi di vita, lo stesso gergo, le stesse atmosfere, gli stessi temi. E’ questa la forza delle storie di Manzini: il giallo si dilata e apre le porte al romanzo sociale, ai sentimenti, alla nostalgia. “Gli zero dell’Iban sono una gran rottura di coglioni” è la frase più esilarante del romanzo, vale il prezzo del libro.
Angelo Cennamo