
C’è una strada diversa che attraversa il Giallo italiano, parte da San Frediano e si inerpica sulle colline fiorentine, a ritroso nel tempo. E’ la strada che col suo Maggiolino percorre ogni giorno Franco Bordelli, commissario di Pubblica Sicurezza prossimo alla pensione, uomo generoso, amante della buona tavola e scapolo impenitente. Il tratto di Bordelli è l’amaro disincanto. Bordelli ha l’aria di chi ha visto tutto: la vita, la morte, la guerra, l’amore incompiuto, il fango dell’alluvione, l’ingiustizia, la solitudine. L’anno dei misteri è l’ultimo capitolo della storia che Marco Vichi gli sta cucendo addosso da circa un ventennio. Siamo nel 1969, a ridosso della contestazione giovanile e del movimentismo politico che presto degenererà nel Terrorismo. Bordelli oggi si è rintanato in una vecchia casa di campagna con il suo cane Blisk. Alla soglia dei sessanta, la relazione con la giovanissima Eleonora è un regalo tanto prezioso quanto inatteso. L’altra donna è Rosa, la prostituta di mezza età che non lo ha mai dimenticato e che lo fa rilassare con massaggi e pranzetti succulenti. Ma il cast del commissario è ampio e variegato: Piras, il poliziotto sardo dal fiuto impeccabile; il Botta, il ladro amico col quale Bordelli scambia favori e cene; Diotallevi, il medico legale che somiglia al professor Sassaroli di Amici miei; Rodrigo, il cugino scorbutico e depresso che Bordelli cerca di coinvolgere nelle sue riunioni goliardiche. In questo nuovo episodio il commissario deve vedersela con un serial killer di prostitute e con l’assassino di una ragazza bella e chiacchierata, uccisa la sera del 6 gennaio, con l’Italia ferma davanti alla tv a godersi la finale di Canzonissima. Le storie e le indagini di Bordelli scorrono lente, fuori dal tempo vertiginoso della modernità, tra i profumi della campagna, la buona tavola, e graditi ritorni, come quello del colonnello Arcieri, il protagonista dei romanzi di Leonardo Gori che di tanto in tanto fa capolino nei libri del suo amico Vichi. Sullo sfondo, la solita Firenze “maligna e spietata, che sembrava nascondere la sua vera anima dentro i palazzi antichi, dietro gli spessi portoni che si aprivano soltanto per alcuni”.
Angelo Cennamo