
“Niente metafore! Nessuno è come qualcun altro”.
Amy Hempel, americana di Chicago – ah, questo Midwest – allieva di Gordon Lish, da ormai diversi anni ci delizia con racconti dallo stile minimalista, brevi, alcuni brevissimi, ma densi di suggestioni e di immagini forti. Parole scelte e maneggiate con cura, come quelle posate con precisione millimetrica in ciascuna delle centicinquanta pagine di questo libro – la traduzione italiana è di Silvia Pareschi – che arriva a ridosso, nella ripubblicazione della SEM, di “Ragioni per vivere”, la raccolta che ha reso celebre la Hempel in tutto il mondo. “Nessuno è come qualcun altro” contiene quindici schegge di vita, tracciati malinconici di donne deluse, sull’orlo della solitudine, sopraffatte da un tormento a volte irreversibile. In “Le chicane” una burrascosa storia d’amore si lega a mille ricordi e al suicidio di una zia. Quella di “Greed” è la voce di una moglie tradita con una faciloneria offensiva. L’amante di suo marito, una delle tante, è affascinante e più anziana di lui. La protagonista di “Cloudland”, l’ultimo dei racconti, il più lungo, ha partorito e dato in adozione il figlio avuto da un uomo sposato. Il trasferimento da New York in Florida ha il sapore di una fuga. Le sue parole, velate di amarezza, ricordano il Bascombe più crepuscolare di Richard Ford.
“Oggi c’è tanta gente che ha bisogno di aiuto, e non occorre essere innamorati per poterlo dare. Aiutare è amare”.
Difficile non pensare a Raymond Carver leggendo le storie della Hempel, alla sua prosa scarna ma potente, ai silenzi e ai vuoti di una narrazione che fa dell’insignificante, del dettaglio trascurabile, la sua parte dominante, il centro di tutto.
Angelo Cennamo