
“Ho fatto la spia” era comparso nella sua prima versione sotto forma di racconto sull’Harper’s Magazine, nel 2003, con il titolo “Curly Red”. A distanza di sedici anni, Oates – oltre cento libri all’attivo e numerosi premi, tutti tranne il Pulitzer e il Nobel, ne fa un romanzo ambizioso, lungo, denso di suggestioni, e indimenticabile per la sua trama – originale e mai scontata – per lo spessore dei protagonisti e dei comprimari che lo popolano, sia i buoni che i cattivi, ammesso che si riesca a distinguere gli uni dagli altri. Che storia è? “Ho fatto la spia” è un romanzo sulla dissoluzione di una famiglia: i Kerrigan. Un padre e una madre, sette figli, l’ultimo dei quali è Violet Rue, dodici anni all’inizio del racconto, la preferita di casa. Violet è anche la voce narrante del romanzo, scritto in una prima persona che a volte diventa seconda, altre volte addirittura terza.
Ci troviamo a South Niagara, nello Stato di New York, nei primi anni Novanta. I Kerrigan sono di origine irlandese, cattolici, ma più per tradizione che per osservanza. Jerome, il padre padrone, è un manovale di bell’aspetto, un ex pugile, il perno intorno al quale – pensa lui – devono muoversi tutti gli ingranaggi della famiglia; l’unico che può fare e disfare, forgiare, precettare, indicare, decidere. Dall’esterno, i Kerrigan appaiono come un monolite che difficilmente si lascerebbe scalfire. Papà Jerome, a seguire i figli maschi – Jerome jr e Lionel su tutti – poi le donne, anzi le femmine. Gerarchie. Una sera di novembre, Jerome jr e Lionel investono un ragazzo di colore. Sono ubriachi, forse più annoiati che ubriachi. Con una mazza da baseball lo pestano a sangue prima di dileguarsi. La morte del ragazzo, avvenuta qualche giorno dopo in ospedale, fa divampare il caso. Chi sono quei fuggitivi? La targa dell’auto? Violet conosce la verità. Ha ascoltato, ha percepito. La mazza da baseball è stata sotterrata vicino al fiume. Violet sa tutto. La confessione quasi rifiutata da Padre Greavy è il prodromo di un calvario senza fine. È a scuola che la ragazzina fa esplodere la bomba. Si attivano i servizi sociali, le indagini si concentrano sui responsabili. Jerome jr e Lionel non hanno più scampo, sono costretti a patteggiare una pena per omicidio preterintenzionale. È l’inizio della fine. Violet viene cacciata di casa, esiliata, affidata a una zia. “Tu credi che i tuoi genitori ti amino, ma è te che amano o il figlio che è loro.” La permanenza da zia Miriam nasconde molte insidie: Violet scopre il sesso nel modo peggiore, negli ammiccamenti e i palpeggiamenti di zio Oscar, poi del nazista Sandman, il professore di matematica che dopo la scuola abusa della “sgualdrinella” nella sua casa di campagna.
“Il mio segreto era non possedere alcuna attitudine naturale per nessuna materia – per la vita stessa. Mantenermi in vita. Evitare di annegare. Questa era la sfida.”
Raccontare la società americana, quella più gretta e razzista, attraverso le vicende familiari: Oates lo aveva già fatto; come lei, altri suoi colleghi, da Franzen a Elizabeth Strout. I Kerrigan ci ricordano i Levov di Philip Roth, per esempio; Oates ne celebra con ferocia la loro disintegrazione confezionando una Pastorale proletaria e in salsa irlandese. “Ho fatto la spia” è un libro che dovrebbero leggere soprattutto gli uomini, certi uomini, i padri. Le circa cinquecento pagine sono un compendio di brutalità che ancora oggi, negli Usa come in Europa, stentano a diradarsi. Violet le attraversa con imbarazzo e coraggio al tempo stesso, sbagliando, maturando, perseverando, andando incontro ad un destino forse già segnato, amaro, crudele, commovente.
Angelo Cennamo