UN GIORNO VERRÒ A LANCIARE SASSI ALLA TUA FINESTRA – Claudia Durastanti

“Erano giovani, creativi, arrabbiati: era tutto in mano a loro e loro avrebbero spaccato tutto, avrebbero distrutto il mondo per renderlo un posto più decente in cui vivere, un posto in cui le persone si toccassero davvero e non avessero paura”. 

L’America è un’adolescenza senza fine, scrive Ben Lerner in “Topeka school”. Mi è venuta in mente, questa frase, mentre leggevo “Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra”, il romanzo di esordio di Claudia Durastanti, ripubblicato dopo dieci anni da La nave di Teseo nella scia del grande successo de “La straniera”, finalista allo Strega nel 2019 e libro dell’anno per Telegraph Avenue. Ho incontrato Claudia Durastanti al Salerno Letteratura in un’afosa serata di luglio intitolata “In quanti modi si è stranieri”. L’identità multipla è uno dei tratti della personalità della Durastanti, forse quello che risalta più di ogni altro. Nata a Brooklyn da genitori italiani, Claudia è di madrelingua inglese, la lingua che utilizza su Twitter, ma i romanzi li scrive in italiano. È in corso la traduzione in inglese de “La straniera”, ha raccontato nel corso della serata, siamo a buon punto ma abbiamo un problema col titolo: “The stranger” è stato già usato da Camus. Straniera. È una parola ricorrente nel suo vocabolario, quella che più le si addice, un segno distintivo, una specie di marchio. Sulla copia del romanzo che mi sono portato dietro per la firma, mi ha scritto “Ad Angelo, da straniera a straniero”. Per certi versi, stranieri lo sono anche i protagonisti di “Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra”: un gruppo di giovani, più o meno newyorkesi, che in un’eterno presente, come se il futuro non dovesse mai sorprenderli, vivono ansie, amori, incertezze. Sono ragazzi fragili e spregiudicati. Più segnati che sognanti. Le loro esistenze precarie si intersecano in una ciclicità vibrante ma malinconica. La storia di Jane e Michael è la parte migliore del libro. Non so perché, Jane l’ho immaginata con il volto e la voce dell’autrice. La sua stessa intensità, lo stesso disincanto operoso. L’incontro con Michael è una girandola di emozioni tutta giocata sui distacchi e sui ritorni. La Durastanti si è formata leggendo tanta letteratura americana, tanto Bret Easton Ellis soprattutto. Mentre ero immerso nella lettura del suo romanzo di esordio ho pensato proprio all’esordio di Ellis – “Meno di zero” – a quella gioventù sbandata della California degli anni Ottanta, in quel caso ricca e viziata, ma eternamente adolescente come questa.  “Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra” è un libro americano o è un libro italiano? È un bel libro. Stranieri tutti. Stranieri sempre.

Angelo Cennamo

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