INDIGNAZIONE – Philip Roth

Tutti i romanzi di Philip Roth raccontano la vita di Philip Roth. Alcuni sono sfacciatamente autobiografici: “La mia vita di uomo”, “La controvita”, “I fatti”, “Patrimonio”, “Zuckerman scatenato”…altri meno. “Indignazione” esce nel 2008, è il terzultimo romanzo di Roth, il capolavoro della maturità nel quale l’autore di Newark torna a vestire i panni del figlio. Se fosse vissuto una decina di anni in più, Marcus Messner, il giovane protagonista nonché voce narrante del libro, sarebbe diventato probabilmente l’Alex Portnoy del celebre “Lamento”. Ebreo laico, ambizioso, ribelle rispetto alla gretta comunità del college che lo ospita in Ohio – stato nel quale è fuggito per affrancarsi dalle cure assillanti del padre – Marcus ha molto del giovane Roth. La storia è troppo conosciuta e, per certi versi, datata per correre il rischio di spoilerarla. Non vi disturberà sapere, allora, che a raccontarla è un Marcus non più vivo “L’eternità non è che un perpetuo ricordare la vita terrena.” A pagine 37 l’outing del diciannovenne trapassato, il soldato caduto nella guerra coreana che rivede come in un film senza fine i suoi genitori, i compagni universitari, Olivia, l’amore traviato che ci riporta alla passione di “Goodbye, Columbus”, il primo dei venticinque libri di fiction. Eros e thanatos, i topoi più rappresentativi della letteratura di Roth, in “Indignazione” raggiungono dei picchi altissimi. Solo Michel Houellebecq, tra i viventi, sa raccontare la morte e la lussuria con lo stesso trasporto. “Indignazione” è un romanzo sulla fragilità umana, sul pregiudizio e sul rimpianto. Non starò qui a fare classifiche, Roth va letto tutto. 

Angelo Cennamo

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