
“Mi chiamo J.D. Vance, e penso che dovrei iniziare con una confessione: trovo l’esistenza del libro che avete in mano piuttosto assurda. Ho trentun anni e sono il primo ad ammettere di non aver realizzato nulla di particolare nella mia vita, perlomeno nulla che dovrebbe indurre un perfetto sconosciuto a sborsare dei soldi per leggerlo.”
Quando nel 2016 viene pubblicato “Elegia Americana” (titolo originale “Hillbilly Elegy” – Hillbilly è il soprannome dato ai buzzurri montanari dei Grandi Appalachi), J.D. Vance è un giovane venture capitalist laureato a Yale. Il libro, erroneamente classificato come saggio, è il romanzo della sua vita. La vita, come recita l’incipit, di un uomo che non ha stabilito record né compiuto imprese mirabolanti, ma realizzato un sogno, quello sì, fino a pochi anni prima inimmaginabile. Non un trattato sociologico, dunque, piuttosto una saga familiare di ampie vedute nella quale pubblico e privato si fondono in un’unica trama. J.D. vive tra il Kentucky e l’Ohio, con una madre drogata che colleziona mariti e amanti più giovani di lei; poi con la nonna: donna battagliera, a dire il vero violenta, violentissima, ma anche generosa e protettiva. Intorno a loro, un’umanità indolente di bianchi proletari, gretti e infelici, che lavano con il sangue il disonore, e che vivono perlopiù di sussidi “C’era qualcosa di spirituale nello scetticismo della comunità locale, qualcosa che andava molto più in profondità di una breve recessione.”
Le radici sono il tema portante del libro, specialmente le differenze tra il Kentucky e l’Ohio, e la comunanza dei dogmi religiosi e laici che connota l’intera area rurale degli Appalachi “Puoi portar via un ragazzo dal Kentucky, ma non puoi portar via il Kentucky da lui.”
Leggendo della vita di J.D., soprattutto della sua infanzia burrascosa nei contesti degradati di Jackson e di Middletown, mi sono tornati in mente altri libri che raccontano la stessa America desolata e declinante, da “Ruggine Americana” di Philipp Meyer, ai più recenti “Ohio” di Stephen Markley e “Nomadland” di Jessica Bruder. “Elegia Americana” segue quella scia. Non è un libro sull’America di Trump, come pensa qualcuno (il tycoon newyorchese non viene mai citato, anche perché è arrivato alla Casa Bianca qualche mese dopo), è un libro sul coraggio, sul riscatto e la speranza.
Angelo Cennamo