“La vita a Crum era gaia, un folle vortice di ignoranza abietta, emozioni che tracimavano emozioni, sesso che tracimava amore, e talvolta un po’ di sangue a ricoprire il tutto.”
Ho preso questa vecchia edizione di “Crum” edita da Barney – qualche anno dopo il romanzo è stato ripubblicato da Mattioli 1885 col titolo “Lontano da Crum”, sempre con la traduzione di Nicola Manuppelli – perché da tempo ero incuriosito dal maledetto Lee Maynard, l’ingrato, lo scurrile, il bad boy del West Virginia, dalle sue storie disturbanti e scandalose, dal suo minimalismo carveriano. Crum non è un luogo di fantasia, esiste. Maynard ci è nato e vissuto, prima di fuggire via come Jesse Stone, il giovane protagonista e voce narrante della storia. Poco più di duecento abitanti, una scuola, una chiesa, l’emporio di Clyde, una strada non asfaltata, niente illuminazione pubblica né rete fognaria, il paesino è situato proprio sul confine tra il West Virginia e il Kentucky “in fondo alle viscere degli Appalachi.” Quando Maynard pubblica il romanzo (1985), molti suoi connazionali storcono il naso, altri si indignano, al punto che il libro viene bandito. Cosa ci sia di così irritante e di sconcio nelle avventure di Jesse Stone resta difficile da capire per chi immagina gli Stati Uniti come un monolite di civiltà e benessere, senza distinguere la California dal Nebraska o New York da Jackson. La Crum di Maynard non è poi così diversa dalla Holt di Kent Haruf, dalla Butcher’s Crossing di John Williams, dalla Thalia di Larry McMurtry, e forse neppure dalla Basilicata di Carlo Levi. È un’America rurale, silenziosa, a volte spietata ma profondamente umana. Precaria. Di passaggio. Niente e nessuno è stabile, a Crum: i professori ci alloggiano il tempo strettamente necessario al completamento dell’anno scolastico; e ciascuno dei compagni di gioco e di sesso di Jesse è come lui alla disperata ricerca di denaro “Per me il denaro era una cosa sola, una cosa che pensavo non avrei mai avuto: un biglietto per andarmene da Crum.” Fuggire da Crum, da quello “stagno luccicante di tetti di lamiera” e da quelle giornate noiose e ripetitive è il tema ricorrente del libro. Un sogno martellante per Jesse. Si può? E a quale prezzo? “Puoi portar via un ragazzo dal Kentucky, ma non puoi portar via il Kentucky da lui” scrive J.D. Vance in “Elegia Americana”. Il ribelle Jesse lo avrà capito.
Angelo Cennamo
