AMERICAN PSYCHO – Bret Easton Ellis

Cos’è giusto? Se si vuole una cosa, è giusto prendersela. Se si vuole fare una cosa, è giusto farla” 
Questo è Clay, il giovane protagonista di “Meno di zero” – l’esordio di Bret Easton Ellis – fratello minore, forse, di Patrick Bateman che è invece la voce narrante del romanzo di cui sto per parlarvi, uscito sei anni più tardi, nel 1991. Pochi scrittori hanno raccontato gli anni ’80 come Ellis. Uno di questi è Jay McInerney, collega, amico, persino personaggio di un altro libro di Ellis: “Lunar Park”. “American Psycho” è la sintesi, meglio la summa di una bibliografia non amplissima che ripete se stessa senza annoiare, declinando ogni possibile variabile di quell’indimenticato spazio-tempo di leggerezza e vacuità. Sempre in “Lunar Park” Ellis confessa che il personaggio di Bateman fu ispirato dal padre, con il quale il golden boy dell’avantpop ebbe un rapporto piuttosto conflittuale. Leggendo “American Psycho” mi è tornato in mente John Self, l’eterno scontento di “Money” di Martin Amis, romanzo gemello di questo per la centralità che in entrambe le storie assume l’ossessione per il consumismo – “edonismo reaganiano” lo chiamava qualcuno. Patrick Bateman se ne va in giro con i colleghi Timothy Price, Craig McDermott e David Van Patten nella Manhattan che un decennio dopo sarà attraversata dalla Limousine di Eric Packer – “Cosmopolis” di Don DeLillo – il quinto uomo virtuale di quella combriccola di milionari infelici e gaudenti che discute di aragoste, “corpiduri” e abiti firmati. Bateman scannerizza – non guarda – gli invitati alle feste, Bateman cerca disperatamente dosi di cocaina, Bateman seduce shampiste, prostitute e studentesse, prima di scuoiarle vive ( le scuoia per davvero?), Bateman prenota tavoli nei ristoranti più chic – tutto il romanzo o quasi è ambientato nei ristoranti di Manhattan – Bateman va in palestra, Bateman abbina rolex e cravatte, Bateman osserva i capi griffati dei suoi interlocutori, Bateman noleggia videocassette di film spazzatura, Bateman discute di sociologia con i barboni all’uscita dai taxi, Bateman deride i barboni, Bateman i barboni qualche volta li uccide (il confronto con Al tra pagina 154 e 157 meglio saltarlo se siete deboli di stomaco), Bateman l’uomo delle tre S: Sesso-Sballo-Sangue. Insomma, Bateman è un dannato mostro e “American Psycho” kilometri di realismo. Può bastare ad infiocchettare un grande romanzo? si chiedeva retoricamente Saul Bellow. Può bastare, Saul, può bastare. 

Angelo Cennamo

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