NULLA, SOLO LA NOTTE – John Williams

Arthur Maxley è uno sfaccendato – “un parassita”. La sua giornata particolare è larga 138 pagine. “Nulla, solo la notte” è il romanzo di esordio di John Edward Williams. Fu pubblicato negli Stati Uniti nel 1948, quando Williams tornò dal fronte indiano della seconda guerra mondiale. Come tutti gli altri libri di Williams non ebbe successo; il più grande scrittore americano sconosciuto, qualcuno ha detto di lui. “Stoner”, l’opera più celebre di Williams, rimase sepolta nell’oblio per oltre mezzo secolo prima di essere scovata per caso su una bancarella dalla scrittrice francese Anna Gavalda, che la lesse, se ne innamorò e la fece poi tradurre nella sua lingua.

Senza il “caso Stoner” di John Williams non si sarebbe saputo nulla, né in Europa dove è iniziata qualche anno fa la rapida, imprevista e retroattiva scalata al successo, né negli Stati Uniti. Nemo propheta. 

Il protagonista di “Nulla, solo la notte” sembra uscito da un incubo, le 24 ore che compongono la storia somigliano più a una gigantesca allucinazione che a una sequenza di fatti reali. Le feste di Max Evartz, l’incontro con l’amico Stafford Lord, i contatti con il padre, le donne. Il giovane Arthur non ha fatto i conti con la propria infanzia, la giornata estiva a San Francisco è affollata di ricordi e di fantasmi. Smarginata. Confusa. Cupa. Il finale del romanzo sorprende, chiarisce, ma non fino in fondo. La scrittura di John Williams è pulita, cristallina, perfetta come “Stoner”, il romanzo perfetto.   

Angelo Cennamo

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