
Amor Towles ha uno strano nome per essere nato a Boston. Di lui in Italia non si sa molto, ma c’è un dettaglio che potrebbe incuriosirvi: uno dei suoi libri di maggiore successo, “Un gentiluomo Mosca”, è finito, insieme ad altre ventiquattro opere di fiction, in un bizzarro sondaggio del New York Times sul più bel romanzo degli ultimi 125 anni.
“Lincoln Highway” è uscito nel 2021 sia negli Usa che in Italia, pubblicato come il già citato “Un gentiluomo a Mosca” da Neri Pozza. È una storia lunghissima, più lunga delle 634 pagine che la compongono. Densa, densissima di fatti, nomi, circostanze, divagazioni, forse non tutte necessarie. Polifonica, con tre voci narranti, due appartengono a due dei protagonisti, più una terza (fuori campo).
Siamo nel Nebraska, l’anno è il 1954. Il giovane Emmett Watson è tornato a casa dopo aver scontato un anno di riformatorio per aver colpito e ucciso un suo coetaneo. Qui lo attendono il fratellino Billy e una montagna di debiti che lo costringeranno a cambiare aria. Emmett vorrebbe trasferirsi in Texas ma il sogno di Billy è quello di raggiungere la madre, fuggita molti anni prima a San Francisco. Billy è convinto che sia ancora viva e che stia aspettando lui ed Emmett proprio lì, in California. A dividerli è solo la storica Lincoln Highway, la prima strada ad attraversare gli Stati Uniti dall’Atlantico al Pacifico. Il piano sarà anche fantasioso, ma prima di partire ai Watson capiteranno due imprevisti. Il primo si chiama Duchessa, l’altro Woolly. Duchessa e Woolly sono fuggiti dal riformatorio dove Emmett ha scontato la sua pena con un numero degno di Harry Houdini.
Questo, per sommi capi, è il nucleo della storia raccontata da Towles; tutto il resto è un’infinita e rocambolesca sequela di intoppi, contrattempi, sotterfugi, furti, menzogne ed inseguimenti nei quali i quattro ragazzi, più Sally – una vicina di casa dei fratelli Watson e voce narrante insieme a Duchessa – verranno risucchiati per oltre cinquecento delle 634 pagine del romanzo, sul cui sfondo non c’è la Lincoln Highway ma New York, perché è lì che una delle mille deviazioni della trama condurrà Emmett, Billy, Duchessa e Woolly. New York è raggiante, operosa, promette di realizzare qualunque sogno; “Lincoln Highway” è soprattutto un libro di sogni oltre che di attraversamenti. Si viaggia sì, ma a ritroso, nell’infanzia, alla ricerca di ricordi, eredità e genitori smarriti; nella letteratura come nella storia: su un treno merci, i fratelli Watson incontreranno un nero di nome Ulysses; Billy gli farà conoscere l’origine del suo nome e gli racconterà della peregrinazione dell’eroe omerico, la stessa di quel girovago senza meta. Epico e appassionante come certi classici, da Twain a Kerouac, da Salinger a Chabon. Meraviglioso.
Angelo Cennamo