DI LÀ DAL TRAMONTO – Stewart O’Nan

Malato di tubercolosi e strozzato dai debiti, sul letto di casa sua Francis Scott Fitzgerald detta l’ultimo romanzo alla segretaria Frances. Non farà in tempo a finirlo. Leggendo di lui mi è tornato in mente il Fante di “Sogni di Bunker Hill”. Storie diverse, certo, ma che nel cinema e nella malattia – più tragico il declino di Fante – sembrano sfiorarsi, e implodere nella malinconia. 

Polvere di stelle quella di Fitzgerald, sul tetto del mondo vent’anni prima con “Il Grande Gatsby”, rintronato dall’alcol e distratto dall’infelicità alla soglia dei quaranta.

Negli stessi giorni in cui riporta in libreria “L’amore dell’ultimo milionario” (“The last tycoon”) Minimumfax fa uscire un secondo romanzo, gemello di quello di Fitzgerald, scritto però da un autore americano contemporaneo qui in Italia semisconosciuto (Stewart O’Nan). “Di là dal tramonto”, questo il titolo, racconta proprio l’ultimo pezzo di strada di Fitzgerald, il suo capolinea.

Chi si aspetta una biografia riadattata scoprirà un vero romanzo, scritto meravigliosamente, nel quale i corpi, i pensieri e le azioni di Scott, Zelda e Scottie acquistano vita propria, separandosi dalla verità ma rimanendone anche fedeli. 

Nel tempo della rivoluzione dal muto al sonoro, l’industria del cinema ha bisogno di sceneggiatori: per Fitzgerald è una boccata d’ossigeno dopo gli ultimi insuccessi e i costosi ricoveri della moglie Zelda. O’Nan muove la storia su tre piani: Hollywood, le dinamiche familiari, la relazione sentimentale tra lo scrittore e la giornalista Sheila Graham. Fino alla fine, Fitzgerald rimane in bilico tra la moglie e l’amante, donne lontane, lontanissime anche nello spazio: sulla costa atlantica Zelda, in California Sheila. Sorprende come O’Nan riesca a tenere sul binario della narrativa, la migliore possibile, una storia che per ovvie ragioni sarebbe destinata a deflagrare nel documentarismo. Il racconto è equilibrato in tutti i suoi aspetti; evocativo sì, ma senza sconfinare nell’agiografia; denso di avvenimenti: storici, cinematografici (tante le star citate che interagiscono con il protagonista), sentimentali. O’Nan è bravo a tenersi fuori dalla storia, a non farsi prendere cioè dall’istinto interpretazionista. Di cosa parliamo quando parliamo di “Di là dal tramonto”? Della vita di uno dei più grandi scrittori americani di sempre. Ma anche, soprattutto direi, di una straordinaria opera di fiction.

Angelo Cennamo

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