
Jarred è un giovane scapestrato; per dieci anni ha tagliato i ponti con la sua famiglia: un padre alcolizzato e pieno di debiti; un fratello molto più grande di lui, un po’ megalomane, assorbito completamente dal mondo degli affari.
“Il codardo” è una storia vera? “La distanza tra invenzione narrativa e memoriale autobiografico si misura con il metro degli autoinganni”, scrive l’autore nell’esergo. I precedenti degli ultimi anni: Douglas Stuart (“Storia di Shuggie Bain”) e Jonathan Bazzi (“Febbre” e “Corpi minori”) ci confermano il trend di una letteratura introspettiva che non distingue tanto tra realtà e finzione ma pone l’accento sull’autenticità del racconto e la capacità di presa sul lettore. Il romanzo di McGinnis le contiene entrambe.
Nella storia, raccontata in prima persona, si alternano due piani temporali: l’adolescenza di Jarred – la morte della madre per aneurisma, la difficile elaborazione del lutto, gli scontri con il padre “retrocesso a Jack”, il ricovero in una struttura psichiatrica – e il dramma del presente, che vede il protagonista ventiseienne paraplegico per via di un incidente d’auto, nel quale ha perso la vita Melissa, suo primo amore, oggi sposata con un altro uomo.
Jarred, che non ha un soldo e un posto dove andare, si vede costretto a chiedere aiuto al padre. Il romanzo parte da qui, dal suo rientro a casa dieci anni dopo quella fuga improvvisa. Ma la parabola del figliol prodigo e del suo corpo spezzato qui assume significati diversi, prospettive imprevedibili, nuove consapevolezze. L’incontro con la barista Sarah, nonostante tutto, ha per Jarred il sapore di una possibile rinascita. Coltivando orchidee Jack ha curato la piaga dell’alcolismo. Nella serra dietro la casa, lui e Jarred sembrano investiti da una nuova luce: le schermaglie iniziali, le diffidenze reciproche, cominciano via via a diradarsi. Jack ha imparato a incassare i colpi, punge Jarred con l’ironia, non lo compatisce né lo asseconda, ma è sempre lì, pronto a riannodare i fili del passato, a riempire il vuoto di quell’assenza, a lottare contro la frustrazione e i sensi di colpa.
Più che un romanzo sulla disabilità, “Il codardo” è la storia di un padre e un figlio, una meravigliosa storia d’amore, un inno alla vita e al tempo che non va sprecato.
Angelo Cennamo