Bix Bouton, guru della tecnologia, è il fondatore di Mandala, l’azienda informatica che nel 2016 lancia “Riprenditi l’Inconscio”, un progetto rivoluzionario che prevede l’esternalizzazione delle coscienze. La folgorazione a Bouton è arrivata nel corso di una discussione casuale, poi da un libro intitolato “Modelli dell’affinità”, pubblicato da una ricercatrice fuggita in sudamerica per studiare la predicibilità delle inclinazioni umane. È la traccia intorno alla quale ruota la storia o le storie di “The Candy House” – “La casa di marzapane” – l’ultimo romanzo di Jennifer Egan, premio Pulitzer nel 2011 con “Il tempo è un bastardo”, che di questo libro è una specie di prequel.

L’opera della Egan, a metà tra realismo e fantascienza, si colloca nel grande filone internettiano degli ultimi anni che va da “Il cerchio” di Dave Eggers al recente “Nessuno ne parla” di Patricia Lockwood, passando per “Il libro dei numeri” del neo-Pulitzer Joshua Cohen.
Con l’idea geniale, anche narrativamente parlando, di esternalizzare le coscienze e di condividerle attraverso un processo collettivo, Jennifer Egan apre un grosso “file” sul senso e il significato della memoria: l’America, che ha costruito il proprio successo sulla rimozione del passato, sembra dirci l’autrice, si condanna ora alla rimozione dell’oblio. Il download programmato da Bix Bouton, infatti, consente a ciascuno non solo di ritrovare vecchi ricordi perduti ma di guardare anche nella vita degli altri. Il tema, evidentemente di ampio spettro, è vicino a quello di un precedente capolavoro della letteratura americana: “It” di Stephen King, nel quale una banda di ragazzini sfigati dimenticherà ventotto anni più tardi di aver combattuto contro il mostro che possiede sotto varie forme la città di Derry.
Ma “Riprenditi l’Inconscio” ha a che vedere anche con un’altra ossessione dei nostri tempi: l’abuso dei social. La trovata di Bouton di fatto decreta la morte/superamento di Facebook, Twitter, Instagram per introdurre l’umanità ad una consapevolezza forse più autentica. L’operazione messa a punto dal protagonista della storia, e di riflesso dalla sua autrice, è sicuramente geniale.
L’architettura e la polifonia del romanzo sono le stesse del già citato “Il tempo è un bastardo”, del quale ritroviamo anche alcuni dei personaggi: la cleptomane Sasha, oggi scultrice avanguardista nel deserto della California, e il discografico Bennie Salazar. È un cerchio che si chiude nel migliore dei modi quello della Egan, dopo il passo falso di “Scatola nera” e il non esaltante “Manatthan beach”. Insomma “La casa di marzapane”, che era stato annunciato tra i libri più attesi di questi anni, non ha deluso le aspettative, e nonostante qualche imperfezione legata ad eccessi di labirintismo o smarginature, soprattutto nelle parti ergodiche (le più ostiche), colpisce per la modernità-postmodernità dei contenuti, le intuizioni e le acrobazie linguistiche della Egan, l’armonia e la perfezione degli incastri.
Angelo Cennamo