VITA E AVVENTURE DI HENRY BECH, SCRITTORE – John Updike

“Caro John, che dire? Se proprio devi commettere la sconvenienza artistica di scrivere di uno scrittore, meglio, immagino, che tu scriva di me piuttosto che di te”.

Apparso la prima volta nel 1964 sul New Yorker, Henry Beck è l’alter ego di John Updike, scrittore originario della Pennsylvania, qui da noi conosciuto per la quadrilogia di Coniglio Angstrom e poco altro. Per quanto tradotto in ogni angolo del mondo e universalmente riconosciuto tra i giganti della narrativa del Novecento, non so perché in Italia Updike si legge poco. Una volta un libraio della Feltrinelli, indicandomi la schermata delle giacenze, mi face notare che de “Il centauro” era rimasta una sola copia disponibile, copia che mi affrettai a prenotare, ovviamente. La stessa serie del Coniglio, anch’essa edita da Einaudi, è mancante di uno dei quattro romanzi: nonostante dal mio umile pulpito ne invochi la ripubblicazione, sono ormai diversi anni, infatti, che “Sei ricco, Coniglio” non è più in vendita. 

Ma questa è un’altra storia. Dicevo di Henry Bech. Della vasta produzione di Big John, Bech è stato il personaggio più raccontato, quello che ha accompagnato Updike per tutta la vita e la carriera, un concentrato dei maggiori scrittori americani della sua generazione (più o meno quella): un Norman Mailer “rimpannucciato”, l’infanzia sembra presa dall’Alex Portnoy di Philip Roth, il passato “ancestrale” da I.B. Singer, altri pezzi da Salinger, Saul Bellow, H. Roth. Insomma, Bech è una specie di avatar della grande letteratura bianca ed ebraica dello scorso secolo. Da qualche settimana, Big Sur ha portato in libreria “Vita e avventure di Henry Bech, scrittore”, venti racconti che si leggono come un lungo romanzo (oltre seicento pagine) per buona parte mai visti prima in Italia. È tra le operazioni più coraggiose alle quali questo editore particolarmente attento agli outsider della letteratura americana (Updike non lo è), ci ha abituato da tempo. Bech è un personaggio sopra le righe, ironico e istrionico, pungente, a volte goffo a volte irresistibile, la cui dimensione borghese e forse un po’ démodé non ne ha attenuato la simpatia. Ricordate Arthur Less, il protagonista dell’omonimo romanzo – premio Pulitzer nel 2018 – di Andrew Sean Greer? Ecco, se avete letto il romanzo di Greer noterete una certa somiglianza, e non solo tra questi due personaggi ma anche nella brillantezza delle rispettive narrazioni. 

Il librone di Bech si può leggere alternandolo ad altri romanzi o racconti. Non abbiate fretta, né di finirlo né di postarlo sui social. Potete aprirlo, iniziarlo, anche pagina 150 o 400, fa lo stesso: l’essenza e il mood di Bech vanno oltre l’impaginazione. Oltre il tempo.  

Angelo Cennamo

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