ULTIMA CHIAMATA PER CHARLIE BARNES – Joshua Ferris

Di Joshua Ferris, scrittore non più giovanissimo dell’Illinois, ricordiamo “When we came to the end” (“E poi siamo arrivati alla fine”), il suo primo e forse migliore romanzo, uscito in Italia sempre con Neri Pozza nel 2006, tradotto in una trentina di lingue, e “Non conosco il tuo nome”, apparso prima del deludente – a parte il titolo – “Svegliamoci pure, ma a un’ora decente”.

“Ultima chiamata per Charlie Barnes” è un altro dei titoli ammiccanti di Ferris. Più che la vita dell’Everyman Charlie, il libro racconta la storia di una diagnosi – tra le peggiori possibili: tumore al pancreas – vera, errata, ritrattata, verificata, intorno alla quale si sviluppano le mille vicende personali del protagonista. Chi è Charlie Barnes? Uno di noi: un simpatico cialtrone. Buono ma anche cinico, incapace ma anche sfortunato, adorabile ma inaffidabile. 

Siamo nell’autunno del 2008, la Grande Recessione è alle porte, l’America sta piombando in una delle stagioni più nere. Il romanzo procede su tre binari: Charlie visto da Charlie; Charlie visto dagli altri: i suoi quattro figli, le cinque ex mogli; Charlie visto dai lettori. Dev’essere dura trascorrere la vita intera, settant’anni, a inseguire il sogno americano e all’ultimo scoprire che “i conti erano truccati”. Ecco, Ferris ha scritto un libro sulla disillusione.

Per Charlie è giunto allora il momento di interrogarsi sul senso dell’esistenza: cosa rende un uomo ciò che veramente è?, e di provare a tirare due linee (brutta parola “bilancio”). Il flusso di incoscienza, più o meno indiretto, occupa buona parte della narrazione. Cominciamo col dire che sei un impostore, Charlie, ma in fondo chi non lo è? Ferris invece è una spugna – ha assorbito Philip Roth, Updike, Oates, Franzen, Chabon, Homes – e al di là di qualche sbandata o passaggio disordinato barra noioso, la storia, di Charlie e dell’America perdente che gli ruota intorno, ci convince molto. 

Angelo Cennamo

Standard

Lascia un commento