
Chuck Palahniuk – si legge Palanik – è nato a Pasco, nello stato di Washington, da genitori di origine ucraina, il 21 febbraio 1962 – stesso giorno mese e anno di David Foster Wallace, con il quale a dire il vero non ha molto da spartire oltre l’oroscopo e una seconda sfavillante coincidenza spaziotemporale: nel 1996 Wallace pubblicò Infinite Jest, Palahniuk esordì con Fight Club, tuttora il suo romanzo più conosciuto.
Dopo la laurea in giornalismo e una breve esperienza radiofonica, il giovane Chuck si è dedicato a ben altri mestieri, dal riparatore di motori di camion, all’assistente di senzatetto e trasportatore di malati terminali. Familiarizzare con un autore non facile come Palahniuk richiede una sincera operazione di ripulitura mentale o reset. Occorre cioè fare tabula rasa delle precedenti letture, specie quelle più lineari, senza strane acrobazie fantasy o distopie o deragliamenti nel postmoderno. Palahniuk è uno scrittore postmoderno? Abbastanza. Nelle storie ordite/ardite di Palhaniuk non ci sono paesaggi riconoscibili, luoghi veramente tangibili oltre camere d’hotel o stanze di ospedale, cessi, cubicoli, corridoi bui, cabine di aereo, palestre, descritti sempre col minimo sforzo cromatico e particolareggiato quasi si trattasse di dettagli rispetto a tutto il resto (Palahniuk è uno scrittore minimalista). È l’inconscio umano il luogo principale dei romanzi di Palahniuk. Tutto accade lì tra sinapsi complicate, tic, nevrosi, attacchi di panico, gesti clamorosi. Quante deviazioni hai, cantava Vasco Rossi. Victor Mancini, il protagonista di Soffocare, è un studente di medicina fallito, sessodipendente e figlio di una delinquente mezza matta o visionaria (dipende dai punti di vista eh) che vorrebbe cambiare il mondo per regalare alla gente storie da raccontare “L’unica frontiera che ci rimane è il mondo dell’intangibile. Tutto il resto è cucito troppo stretto… la realtà non arriva mai al grado di perfezione cui può spingersi l’immaginazione”.
A Ida Mancini quel mondo sicuro e organizzato non piace, è senza eccitazione. Manca l’ebbrezza. Ida gode nel caos. “Le leggi che ci permettono di vivere sicuri sono le stesse che ci condannano alla noia”. Per sostenere le cure costosissime alle quali Ida si sottopone in ospedale, Victor ha architettato un sistema ingegnoso, degno dell’inventiva della vecchia madre: nei ristoranti finge di soffocare per via di un boccone andato di traverso, attirando così l’attenzione e la solidarietà di clienti che correndo in suo soccorso possono dare un senso alle loro vite anonime, riscattarsi. Lo stratagemma ideato da Victor non è tuttavia il vero centro della storia, così sembra leggendo la sinossi. L’idea di fondo è piuttosto quella di raccontare come l’impostura sia la sola via di fuga in un mondo refrattario alla verità e all’onestà dei sentimenti. Ida, Victor, il suo amico Denny, Paige Marshall, la dottoressa che ha in cura la madre di Victor al St Anthony, sono solo uomini e donne alla disperata ricerca d’amore.
Angelo Cennamo