
L’ultimo romanzo della Border Trilogy di McCarthy esce nel 1998, a ridosso di una manciata di capolavori la cui concentrazione temporale ha pochi precedenti nella letteratura americana: Fight Club (Chuck Palahniuk), L’Atlante (William Vollmann) e Infinite Jest (David Foster Wallace) nel 1996; Underworld (Don DeLillo), Mason & Dixon (Thomas Pynchon) e Pastorale Americana (Philip Roth) nel 1997. Proprio nel ’98 il libro di Roth si aggiudica il Pulitzer, McCarthy invece lo vincerà un decennio più tardi con La Strada. Nel terzo episodio della serie ritroviamo John Grady Cole e Billy Parham in un ranch tra il Messico e il Texas ad allevare cavalli e ad ascoltare storie di vecchi cowboy. Siamo nei primi anni Cinquanta, un tempo di confine, con il west ormai al crepuscolo e una nuova sfida che bussa alla porta, forse la più difficile di tutte per il giovane ma non più giovanissimo protagonista: provare a cambiare il corso degli eventi e sfuggire a un destino già segnato. Città della Pianura è fondamentalmente una storia d’amore e come ogni storia d’amore è una storia di fantasmi, direbbe Wallace. Lui, lei, l’altro. Lei è Magdalena, la prostituta messicana appena sedicenne che John conosce per caso in un bordello. L’altro è Eduardo, il protettore della ragazza. La vicenda amorosa occupa solo una parte del romanzo ma è la parte migliore, quella che salva tutto il resto da una narrazione che altrimenti risulterebbe ripetitiva e portata troppo per le lunghe, soprattutto se sommata ai due capitoli precedenti (Cavalli Selvaggi e Oltre il Confine). L’amore impossibile, l’amore contrastato tra John e Magdalena non è solo raccontato attraverso i momenti di intimità dei protagonisti ma si riverbera in due passaggi decisivi del romanzo: il dialogo tra John e Billy, con il primo che chiede all’amico di varcare il confine per andare a trattare l’acquisto della “schiava” del sesso; il redde rationem tra l’aspirante sposo e il cinico dominus, anche lui innamorato della ragazza o dell’idea di possederla. La tragedia che si consuma nelle battute finali, il sangue versato, chiudono la storia personale ma anche un’epopea che pochi hanno saputo tramandarci meglio di McCarthy, ultimo cantore di un’America spietata e avventurosa, e di una libertà che non conosce limiti. Città della Pianura è forse il romanzo meno riuscito della trilogia ma è la giusta conclusione di un’epica che aveva fino ad ora esplorato l’intero spettro dei sentimenti umani tranne uno: l’amore negato, l’amore da vendicare.
Angelo Cennamo