
Nel 2010, nove anni dopo Le Correzioni, Jonathan Franzen pubblica Freedom – in Italia Libertà, con Einaudi e la traduzione di Silvia Pareschi. È il suo quarto romanzo. La curiosità tra gli addetti ai lavori che fanno circolare segretamente le bozze dattiloscritte prima dell’uscita del libro contagia i lettori più affezionati e finisce per alimentare intorno all’autore di Western Springs un alone leggendario. Cresce l’attesa per quello che si preannuncia l’evento letterario dell’anno. Ad agosto, Time incorona Franzen come il più grande scrittore americano. Prima di lui, la prestigiosa copertina era toccata solo ad autori come Vladimir Nabokov e il premio Nobel Saul Bellow.
Freedom racconta la storia di una famiglia apparentemente perfetta, i Berglund, pionieri di Ramsey Hill, un quartiere esclusivo della cittadina di St. Paul, nel Minnesota. Qui Walter e Patty hanno cresciuto i loro due figli Jessica e Joey secondo i principi della buona tradizione liberalprogressista. Ma come spesso accade nelle storie familiari di Franzen, dietro quell’armonia di facciata, quella freschezza mista di perbenismo e di ineccepibile senso civico, si nascondono conflitti laceranti e sentimenti torbidi. Dopo essere stato sedotto da Connie, una ragazza più grande di lui, sua vicina di casa, Joey decide di abbandonare i suoi genitori e di traslocare dai suoceri, gente di destra, maleducata e incolta. Patty vive la ribellione del figlio e il suo allontanamento come un tradimento immeritato, e sfoga la sua frustrazione nel diario segreto che uno psicanalista le ha suggerito di scrivere per affrancarsi dalla depressione. Poche righe giornaliere che rivelano al lettore una seconda storia, la più importante del romanzo: la relazione tra la signora Berglund e il musicista Richard Katz, migliore amico di suo marito al college (pare che per il personaggio di Richard, Franzen si sia ispirato al suo amico David Foster Wallace). Fin dai tempi dell’Università Patty è combattuta tra l’amore passionale per il fascinoso Richard e quello più composto per Walter, marito affidabile e padre esemplare. Il triangolo è angosciante e mette a dura prova i sentimenti dei due amanti, entrambi molto legati a Mr. Berglund, incarnazione di quell’agognata purezza che Franzen continuerà a inseguire nel romanzo successivo: Purity. Walter è “il bravo ragazzo”, l’amico fedele, il marito che sa ascoltare e che sullo sfondo della guerra in Afghanistan e delle politiche spregiudicate di Bush si inventa una crociata ambientalista per salvare un uccellino che rischia l’estinzione, del quale non importa niente a nessuno: la “dendroica cerulea”. Le deviazioni dal giusto di Patty Berglund e di Richard Katz non sono poi così diverse da quelle dei fratelli Lambert che abbiamo conosciuto ne Le Correzioni: “Tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo” scrive Tolstoj, citato da Franzen per declinare in chiave moderna l’eterno conflitto tra il bene e il male. Freedom è una storia con un lieto fine? Mm. Difficile comprendere quanto ci sia di lieto nella conclusione del libro, ma per arrivare a somigliare all’immagine di famiglia ideale che tutti gli altri vedono in loro (colti, attraenti, benestanti, con una bella casa, il giardino curato, invidiati dal vicinato) i Berglund dovranno percorrere un tempo lungo, l’intero tempo del romanzo.
Angelo Cennamo