Come quella di molti altri scrittori americani, la storia familiare di Saul Bellow è fatta di migrazioni, incroci pericolosi, opportunità prese a volo. Nato in Canada, a Lachine, un paesino poco distante da Montréal, da genitori ebrei russi trasferitisi e naturalizzati negli Usa, il giovane Saul, ultimo di quattro figli, visse in stretto contatto con la comunità ebraica della periferia multietnica di Montréal. Alla narrativa approdò nel 1944 con l’introspettivo Dangling man – Uomo in bilico. La notorietà però arrivò solo dieci anni più tardi con Le Avventure di Augie March, romanzo di formazione, picaresco, dai mille colori, forse il punto più alto del suo genio creativo. Elegante, colto, perfino snob, e ricchissimo grazie al successo dei suoi libri, Bellow è stato tra i maggiori romanzieri del Novecento, insieme a Philip Roth, Bernard Malamud, i fratelli Singer, capofila della cosiddetta letteratura ebraica americana. Herzog, il romanzo della consacrazione, uscì nel 1964. La personalità dello scrittore protagonista del libro ricorda molto da vicino quella dell’autore, secondo uno schema ampiamente collaudato nella letteratura anglosassone. Tradito dalla moglie e spoglio di ogni romantica illusione, Herzog – alter ego di Bellow – si ritira nella sua casa di campagna dove comincia a scrivere lettere su lettere a chiunque: amici, parenti, al Presidente degli Stati Uniti, addirittura ai defunti. Scrive in continuazione, Herzog, per sfogare la sofferenza e per fuggire da quell’isolamento paranoico che si è autoinflitto. Ma a fare compagnia al dotto e spiantato studioso di romanticismo non ci sono soltanto quelle folli divagazioni metafisiche e quegli sproloqui torrenziali, fonte di ulteriori inquietudini. Tutto il romanzo è infatti pervaso di sessualità. Herzog rappresenta la prima spedizione protratta di Bellow come scrittore nell’immenso territorio del sesso, scriverà Roth, che quel territorio lo ha attraversato con riconosciuta abilità. È Ramona, la fioraia un tempo sua allieva alla scuola serale, che riporta l’isterico e disilluso protagonista all’intenso piacere del vivere reale, e che lo spinge a uscire dal malinconico rifugio di campagna… pagine strepitose. Dopo una spericolata trasferta a Chicago per rivedere la figlia rimasta a casa con l’ex moglie e il suo amante “gondoliere” (lo chiama così per via della gamba di legno che lo fa barcollare), Herzog riesce piano a piano a superare il dramma adulterino che gli è piombato addosso e quella strana mania di scrivere lettere. Non è pazzo, Herzog, oppure ha smesso di esserlo grazie all’affetto e alla generosa presenza di Ramona nella sua nuova vita. Herzog è un infelice che ha voglia di innamorarsi, ancora, sempre, finché gli sarà consentito. Un personaggio potente “il più grandioso, il Leopold Bloom della letteratura americana” dirà sempre Roth, che di Bellow è stato forse il miglior esegeta. Tutto il libro è un susseguirsi di riflessioni profonde, a volte oscure, sul senso della vita, l’amore, la disperazione, la morte. Bellow era così: saggio, romantico, vanesio.
Angelo Cennamo