ABBONDANZA – Jakob Guanzon

Difficile dire quanto il protagonista di questa storia sia autolesionista o sfigato. Forse entrambe le cose. Henry è un ragazzo sbandato, in fuga dalla malasorte e da un destino già segnato. Lui e suo figlio Junior vivono in un furgone scassato il cui pianale è “una catena montuosa di sacchi della spazzatura da cento litri pieni di indumenti”. La madre del bambino è andata via, pare in California ma non ne siamo sicuri. Henry è cresciuto in un mondo di tossici e psicotici, anche lui come Junior, senza madre e con un padre fillipino e “stronzo”, arrivato negli Stati Uniti per un dottorato, ma poi… La storia si muove su due piani temporali, il passato e il presente, e si apre con Junior che compie gli anni. Henry, che il giorno seguente avrà un promettente colloquio di lavoro, decide di spendere i quattro soldi che gli sono rimasti nel cruscotto per portare il figlio da McDonald’s e fermarsi a dormire insieme a lui in un motel, finalmente dentro un letto vero. Qualcosa però va storto. Junior ha un malore improvviso e nel parcheggio Henry rimane coinvolto in una lite violentissima che lo costringe a rimettersi in viaggio. 

Qualche anno fa, la giornalista d’inchiesta Jessica Bruder in Nomadland ha raccontato un pezzo invisibile della società americana che per “sopravvivere all’America” e alla crisi si mette in marcia andando incontro a un futuro ignoto. Un’America nomade, fuori dai radar, fatta di moderni viaggiatori mobili (workamper) che accettano lavori stagionali senza garanzie, certezze, programmi. Non è il caso di Henry, che questa vita non l’ha scelta ma la subisce con uno spirito diverso, come un uomo braccato e irrisolto; senza lavoro, con qualche precedente, problemi di droga, e costretto a badare a un bambino in età scolare. Nel passato di Henry compare anche la madre di Junior, Michelle. È la ragazzina con la quale Henry fa sesso per la prima volta in un drive-in, tra i sedili del furgone del padre, con il gestore del cinema che li sorprende proprio negli attimi conclusivi. Eh, sì: la sfiga contro Herry ce l’ha messa proprio tutta. Il presente è una fuga continua contro il tempo, dalla polizia, dai brutti ricordi del carcere e di una vita familiare costruita sull’illusione del denaro facile. 

Abbondanza è un romanzo doloroso e potente che racconta i poveri di un paese ricco, uomini e donne che non inseguono niente e nessuno, scappano. La cover molto iconica evoca il viaggio di Kerouac attraverso un’America appassionata e piena di speranza. Quello di Henry è un paese cupo e depresso in cui i sogni si spengono molto prima del risveglio. Il romanzo di esordio di Jakob Guanzon, giovane scrittore cresciuto tra il Minnesota e Madrid, e che con questo libro nel 2022 ha sfiorato il National Book Award. In Italia è arrivato con Marsilio editore e la traduzione di Gaja Cenciarelli.    

Angelo Cennamo

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EREDITERAI LA TERRA – Jane Smiley


A Thousand Acres di Jane Smiley, nella versione italiana Erediterai la terra, premio Pulitzer nel 1992, torna in libreria con La Nuova Frontiera e la traduzione di Raffaella Vitangeli. È una storia drammatica ispirata al Re Lear di Shakespeare. La versione di Smiley è ambientata negli anni Settanta dello scorso secolo, in una contea dell’Iowa in cui la proprietà, il possesso della terra, è un elemento essenziale “come il nome e il genere di appartenenza”.

Larry Cook è un contadino burbero e meschino, padre padrone di tre figlie: Ginny, la voce narrante della storia, Rose e Caroline. Larry ha accumulato un patrimonio di mille acri di terra che fa lavorare ai generi, Pete e Ty, ma sempre sotto la sua vigilanza paranoica. All’improvviso, il vecchio decide di costituire una società con i suoi possedimenti agricoli e di darne un terzo a ciascuna delle figlie. Il piano convince Ginny e Rose ma non la più giovane, Caroline, che a quel rigido sistema di regole rurali e patriarcali non ha voluto mai sottomettersi: Caroline fa l’avvocato a Des Moines. A metà romanzo le sorelle apprendono del suo matrimonio newyorchese da un annuncio sul giornale. È l’inizio del dramma. Senza terra e senza potere, Larry diventa irascibile e incontrollabile. Fa spese pazze, beve molto e in un incidente stradale distrugge il suo furgone. La follia di Larry scatena una guerra familiare e giudiziaria a tutto campo, aprendo delle crepe imprevedibili anche nel rapporto coniugale tra Ginny e Ty, minato da un sospetto adulterio di lei, una serie di aborti segreti, inguaribili sensi di colpa. Affiorano ricordi, traumi rimossi, rancori, debolezze. Il Re Lear di Smiley è un crescendo rossiniano che evoca altri capolavori epici del passato come Furore di Steinbeck. L’Iowa del romanzo, il cuore di un’America verace e avida, ingrata, violenta, votata all’obbedienza e trafitta dal peccato prima ancora che dalla morte. Jane Smiley si conferma tra i più grandi cantori dell’America del XX secolo insieme a Roth, Updike e Bellow, scrive il Guardian.  

Angelo Cennamo

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HOLY CITY – Henry Wise

Henry Wise, scrittore e poeta quarantenne, originario della Virginia, Holy City è il suo primo romanzo, in Italia edito da Carbonio con la traduzione di Olimpia Ellero. Fondamentalmente si tratta di un poliziesco, ma andando avanti nella lettura ci accorgiamo che nella storia c’è qualcosa di più oscuro del crimine: i segreti con i quali i protagonisti non riescono a fare i conti.

Ci troviamo nella contea di Euphoria, a poche decine di chilometri da Richmond, in Virginia. È un America rurale, povera, poco emancipata, con piantagioni di tabacco, case abbandonate, criminalità, l’America di Chris Offutt, David Joy, Ron Rash… Dopo dieci anni, Will Seems decide di ritornarci per assumere l’incarico di vicesceriffo. Il romanzo si apre con un incendio: qualcuno deve aver appiccato il fuoco nella proprietà di un ex giocatore di football: Tom Janders, che ora giace tra le fiamme con un coltello ficcato nella schiena. Will vede scappare dalla scena del delitto Zeke Hatom, afroamericano e padre di un suo amico d’infanzia. Vorrebbe tanto non farlo, Zeke è un brav’uomo, non può essere stato lui a uccidere Tom, Will ne è sicuro, ma nel terribile gioco dei ruoli lui è la guardia e Zeke il presunto colpevole. Sam, il figlio di Zeke, è a sua volta ricercato per una tentata rapina. Nessuno sa dove si nasconda ma Will potrebbe avere a che fare con la sua latitanza. I misteri diventano due. Will ha fatto il possibile per aiutare l’amico a salvarsi dalla tossicodipendenza, gli è stato sempre vicino, poi, un giorno, per una strana ragione è andato via. I misteri diventano tre. Will è tormentato dal passato, soffre per delle decisioni prese e per la morte della madre, e il caso giudiziario di Zeke ha riaperto ferite mai rimarginate del tutto. La vicenda è complessa, rognosa, e lo scontro tra Will e il suo capo, lo sceriffo Mills, non lascia intravedere nulla di buono. Mills è un uomo autoritario, burbero, incarna alla perfezione l’idea di giustizia sommaria che resiste in posti come Euphoria. 

Nella seconda parte del romanzo, la moglie di Zeke ingaggia Bennico Watts, un’agguerrita detective di colore cacciata dalla polizia, perché insieme a Will cerchi il vero colpevole del delitto. L’inchiesta sulla morte di Tom diventa per Will una indagine su se stesso, un’occasione per guardarsi dentro, per provare a cancellare i sensi di colpa. Due temi importanti del romanzo sono l’identità e il legame con la propria terra, le radici. Il ritorno di Will a Euphoria non ha nulla di eroico ma ha il sapore epico della grande letteratura di frontiera.  

Angelo Cennamo

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FLUX – Jinwoo Chong

Tutti vogliono possedere la fine del mondo, scrive Don DeLillo nell’inicipit di Zero K, il cui protagonista è convinto di guadagnarsi l’immortalità ricorrendo alla tecnica della criogenesi (l’ibernazione). Il superamento del presente è anche il tema centrale di questo romanzo di esordio di Jinwoo Chong, scrittore americano trentenne di origini coreane (?), che nella storia parrebbe vestire i panni di Brandon. Nella prima parte del romanzoa l’alter ego di Chong cade nel vano di un ascensore di un centro commerciale, poche ore dopo essere stato licenziato dall’editore di una rivista. Più avanti, viene ingaggiato da Flux, una startup rivoluzionaria, fondata dalla enigmatica Io Emsworth (una versione romanzata di Elizabeth Holmes), inventrice di un dispositivo chiamato “energia perpetua”. Vent’anni prima, un bambino di otto anni, Bo, perde la madre in un incidente d’auto. Come Brandon, anche Bo è ossessionato da una serie televisiva poliziesca, le cui scene salienti si alternano alle dinamiche reali dei protagonisti nel racconto di Chong. A vent’anni dalla rovinosa caduta di Brandon nel centro commerciale, il quarantottenne Blue si sta riabilitando dopo aver trascorso due mesi in coma. Le tre storie di Flux (edito da minimum fax con la traduzione di Luca Briasco) sono volutamente sconnesse tra loro da Chong, che rifiutando la linearità della trama evita anche di conformarsi a un qualunque genere letterario. La fusione tra presente e futuro, reale e immaginario, a volte può complicare la comprensione dei fatti ma è un espediente necessario per imprimere al romanzo il suo senso-non-senso, che è proprio la penetrazione del tempo e la sua cancellazione secondo principi riconducibili al miglior Fantasy kinghiano, meno artisticamente alla fisica quantistica oppure alla fede religiosa. Se avrete la pazienza di arrivare alle ultime battute senza distrarvi o perdervi nella cronologia sincopata del racconto, vi accorgerete che tutte le tessere di questo arzigogolato mosaico ritroveranno forma e posizione nel disvelamento della miracolosa ricompattazione finale di ogni vicenda umana.

Angelo Cennamo

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