IL COLORE DELL’ACQUA – James McBride

Uscito negli Usa nel 1995 e pubblicato per la prima volta in Italia da Rizzoli nel 1998, Il colore dell’acqua torna in libreria in questi giorni con l’editore Fazi – che di McBride ha già pubblicato The Good Lord Bird (2021), Il diacono King Kong (2023), L’emporio del cielo e della terra (2024) – e la traduzione di Roberta Zuppet. Più che un romanzo è l’autobiografia dell’autore nonché il suo fortunato esordio nella narrativa. Tradotto in oltre venti paesi con milioni di copie vendute, il libro ha due voci narranti (quella di McBride e quella di sua madre, con paragrafi alternati in corsivo) e un bel po’ di ingredienti del Grande Romanzo Americano. Intanto è la storia di una migrazione e di una bizzarra mescolanza etnica: Rachel Deborah Shilsky, la madre di James e di altri undici figli, nasce nella Polonia invasa da Hitler, fugge ad Harlem, sposa un uomo di colore e viene ripudiata dai suoi familiari. Da questo momento Rachel diventa Ruth, Ruth McBride Jordan. In secondo luogo, è la storia di un sogno realizzato, forse sarebbe più corretto dire utopia: come si può immaginare che un ragazzino di colore cresciuto con una madre (bianca), un patrigno quasi assente e così tanti fratelli e sorelle arrivi a frequentare il college e a diventare uno scrittore di successo? Il romanzo è pieno di personaggi, alcuni importanti altri gregari, e nella sua parte in corsivo, quella in cui è Ruth a raccontare, incrocia un altro romanzo di McBride: L’emporio del cielo e della terra, le due storie si somigliano. Ma Il colore dell’acqua è soprattutto la storia di Ruth, di una donna stroardinaria, coraggiosa, spavalda, tenace, instancabile, a metà tra la Magnani di Mamma Roma e Ages Bain del romanzo di Douglas Stuart (Storia di Shuggie Bain). A cinquantuno anni, vedova del primo marito ma ancora “bella e sottile”, odiata da tutti, bianchi e neri, la vediamo andare in giro per Brooklyn su una vecchia bici azzurra, e governare la sua prole secondo gerarchie rigidissime “il sistema del re / regina”, mettendo al primo posto lo studio e la fede. Non era una materialista, pensava che senza la conoscenza la ricchezza non servisse a nulla, “che in America la cultura mescolata alla religione fosse il modo per uscire dalla povertà… Gli anni dimostrarono che aveva ragione”. La New York degli anni Sessanta è una metropoli tentacolare, scenario di mille vicende storiche, tra rivoluzioni, proteste, fermenti culturali: senza questo contorno neppure McBride sarebbe diventato James McBride. Ciononostante ne Il colore dell’acqua tutto si ripete secondo logiche artistiche nuove ed originali. Il romanzo di McBride, come la sua stessa vita, è un meraviglioso miscuglio di colori, di suoni e di storie americane. 

Angelo Cennamo

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LA GRANDE PIENA – Louise Erdrich

The mighty red, in Italia La grande piena, con Feltrinelli editore e la traduzione di Silvia Rota Sperti, è in parte una commedia romantica, in parte una saga familiare. La storia, ambientata nella cittadina di Tabor, nel Nord Dakota, nel post Lehmhan Brothers (la crisi finanziaria del 2008), ruota intorno al triangolo amoroso tra Gary Geist, giovane giocatore di football e rampollo di una ricca famiglia di proprietari terrieri; Kismet Poe, un’adolescente destinata a una brillante carriera universitaria fuori città e figlia di una trasportatrice di barbabietole da zucchero dipendente della fattoria dei Geist (Crystal); e Hugo Dumach, un libraio nerd che regala a Kismet una copia di Madame Bovary per alimentare in lei il dubbio e provare ad allontanarla dal rivale. Il romanzo si apre con Gary che chiede goffamente a Kismet di sposarlo. Lei lo allontana, ma dopo una serie di altri tentativi, inspiegabilmente e contro ogni pronostico, la ragazza cede, quasi plagiata dalla fragilità del suo corteggiatore stalker. Kismet dunque si lascia convincere, ma nel corso del romanzo rimarrà sempre combattuta, lo sarà anche dopo le nozze: l’attrazione per Hugo resisterà oltre ogni promessa e vincolo. In una trama parallela, Martin, compagno di Crystal e attore teatrale fallito, abbandona Kismet e sua madre dandosi alla fuga con i fondi per la ristrutturazione della chiesa locale. Le voci e i pettegolezzi sulla scomparsa di Martin investono anche altre questioni come l’uso e la difesa della terra, le difficoltà economiche della comunità di Tabor nel tempo peggiore dopo il Wall Street Crash, un incidente occorso a Gary e ai suoi amici. Insomma, nel libro di Erdrich c’è molta carne al fuoco, con tanti personaggi secondari che entrano ed escono dalla storia, ma non tutti questi blocchi narrativi sembrano intersecarsi nel modo giusto, specialmente il tema ambientalista e la crisi degli agricoltori con i dubbi amorosi di Kismet, che restano la parte principale e la più interessante della storia. La grande piena va accettatto per quello che è: un romanzo ben scritto e ben calato nel contesto tipico di Erdrich, ma confuso, con alcune parti divertenti, altre lente e un po’ noiose. 

Angelo Cennamo






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SUNDOWN, YELLOW MOON – Larry Watson

Bismarck, North Dakota, una giornata qualunque del 1961. Un sedicenne sta tornando da scuola insieme al suo compagno Gene. I due vengono distratti dal suono di una sirena. Un’ambulanza. Un’auto della polizia. Qualcuno si è suicidato dopo aver ammazzato un noto politico della zona, il suo nome è Raymond Stoddard: è il padre di Gene. Inizia come il più classico dei noir Sundown, yellow moon, il romanzo del 2007 che Larry Watson ha intitolato come un vecchio successo di Bob Dylan, arrivato in Italia in questi giorni con l’editore Mattioli 1885 e la traduzione di Nicola Manuppelli. Qual è il movente del delitto, e perché mr. Stoddard, subito dopo aver stroncato la vita del senatore Monty Burnham, ha deciso porre fine anche alla sua? L’intera trama del romanzo ruota intorno all’enigma irrisolto, ma questo clima di sospensione e di incertezza Watson lo adopera per spingere la storia in altre direzioni. Lo studente senza nome oggi è uno scrittore affermato, e quella vicenda l’ha ricostruita a modo suo, scomponendola e trasformandola in fiction. Il doppio fondo zuckermaniano di Watson è il vero fulcro del romanzo, che dall’inizio alla fine scorre sul doppio filo della verità e della supposizione. Il vero e il falso si alternano anche nelle trame parallele a quella iniziale: l’amore conteso dai due amici per la seducente Marie Ryan; la nuova relazione della vedova di Raymond, Alma… Le ipotesi sulla tragedia di Keogh Street vengono vagliate e rielaborate ad alta voce nella fantasia del futuro scrittore, e la finzione diventa corsivo.

Cosa si nasconde dietro quel pomeriggio di un giorno da cani, uno squallido gioco di potere politico o una turbolenta vicenda di passioni? “La mia ipotesi non richiede molto altro oltre a ciò che sappiamo delle vite dei protagonisti, e alla consapevolezza che per portarci verso l’omicidio e l’autodistruzione nulla ha un potere simile a quello dell’amore”.  

Sundown, yellow moon è un romanzo sulla memoria e la sua dissimulazione, la storia di un’amicizia, di un apprendistato, di vita e di scrittura, la storia di un amore tradito. Se non avete letto nulla di Larry Watson, cominciate da Sundown, yellow moon, poi recuperate i superlativi Montana 1948 e Le vite di Edie Pritchard. 

Angelo Cennamo

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