PORTNOY – Philip Roth

1969. L’America non si è ancora ripresa dagli assassinii dei fratelli Kennedy e Martin Luther King – James Ellroy, Don DeLillo e Stephen King ne hanno tirato su un bel po’ di libri. Philip Roth pubblica il romanzo della consacrazione dopo le buone prove di Goodbye, Columbus, Lasciar andare e Quando lei era buona. L’invenzione di Nathan Zuckerman arriverà qualche anno più tardi, ma il gioco della simulazione si vede già: Portnoy è Roth, e il padre assicuratore di Portnoy è Herman Roth, il padre di Philip che più avanti sarà coprotagonista in Patrimonio. 

È la stagione del figlio, quella in cui Roth  interpreta il ruolo che gli riesce meglio, quella del contestatore, del ribelle. Nella finzione, il romanzo è Carnovsky, l’opera blasfema che farà infuriare la comunità ebraica e morire di crepacupre il padre di Zuckerman. Alex Portnoy è un trentatreenne piccolo borghese, con un impiego dignitoso al Comune di New York. È lì, sdraiato sul lettino del suo psicanalista a raccontare i tic e le nevrosi che lo accompagnano dall’infanzia. Tutto il libro è un lamento, vorticoso, incessante, comico, esilarante. Il 16 maggio il monologo di Roth torna in libreria con l’editore Adelphi, la nuova traduzione di Matteo Codignola e un titolo che fa storcere il naso ai puristi: semplicemente “Portnoy”. La versione di Adelphi / Codignola sarà una buona occasione per rileggerlo come se fosse la prima volta. Non si può smettere di leggere Roth, è come fare il tagliando all’automobile o le analisi del sangue. Certi libri ci danno il senso della distanza e della vicinanza alla storia, a un luogo, in questo caso a un modo di sentire e di vedere il mondo. L’uomo sul lettino racconta i conflitti con il padre, ebreo come lui, ma Alex non vuole esserlo (non vuole credere nel dio di Abramo, in nessun altro dio); l’odio-amore-incestuoso per la madre, ossessionata dall’ordine e dall’igiene (padre e madre sono “I più eminenti produttori e confezionatori di colpevolezza dei nostri tempi”); la misoginia che lo fa scappare dalle donne e dal matrimonio –Scimmia è il nomignolo affibbiato alla fidanzata ninfomane, gretta, ignorante, che fa sesso orale mentre lui declama poesie di Yeats. L’onanismo compulsivo della prima adolescenza – il dialogo tra lui, chiuso in bagno, e i genitori preoccupati per la sua finta diarrea – è una delle scene più divertenti del romanzo. Non aspettatevi il Roth più riflessivo, acuto della piena maturità, quello de La macchia umana, di Pastorale o Sabbath: lasciatevi andare. Il flusso lamentoso di Portnoy ci porta alla verbosità inarrestabile di un altro sconclusionato della letteratura americana, al giovane Holden di Salinger, il ragazzaccio mezzo matto che deve annunciare ai suoi genitori di essere stato cacciato dal liceo. Di fatto, Portnoy ne è il sequel: Portnoy è Holden Caulfield da adulto. La storia di Caulfield si conclude in una clinica psichiatrica, quella di Alex Portnoy ha come unica ambientazione lo studio del suo psicanalista. Disperati, erotici, stomp.

Angelo Cennamo

Standard

Lascia un commento