LEGS – William Kennedy

Jack «Legs» Diamond è molte cose, troppe per essere un uomo solo. È un gangster e un eroe popolare, un marito devoto e un amante insaziabile, un ballerino elegante e un assassino spietato. È il volto contraddittorio di un’America che sogna e sanguina, l’emblema vivente di un mito che affascina e corrode. Sopravvissuto a rapimenti e imboscate, a una dozzina di pallottole e a fughe rocambolesche (l’uomo più crivellato d’America, scrisse il Mirror) Legs incarna un’epoca, ma anche una condizione esistenziale: quella di chi vive al limite, tra gloria e rovina. Il romanzo di William Kennedy – pubblicato negli Usa nel 1975 e oggi riproposto in una nuova edizione da minimum fax, che conserva la traduzione di Attilio Veraldi anche se “considerevolmente riveduta e corretta” – non è soltanto il racconto della vita di un gangster, è una riflessione struggente e romanzata sulla costruzione del mito americano e sulla sua inevitabile caduta. Attraverso lo sguardo di Marcus Gorman, avvocato ambiguo e complice morale del protagonista, Kennedy ci guida tra le luci artificiali del Kenmore, nightclub newyorkese simbolo di un’epoca, e le strade oscure di Albany, città natale dell’autore e teatro prediletto della sua “Trilogia di Albany”, di cui Legs costituisce il primo atto. Seguiranno L’ultima scommessa di Billy Phelan e il più noto Ironweed, romanzo vincitore del Pulitzer, trasposto da Héctor Babenco in un film senza successo con Jack Nicholson e Meryl Streep. Ma se Ironweed è una discesa nel mondo dei reietti, Legs è il racconto dell’ascesa e della rovina di un uomo che diventa leggenda, e della leggenda che finisce per distruggere l’uomo.

Cuore pulsante del romanzo non è solo Jack ma anche le due donne che gravitano attorno a lui: Alice Diamond, la moglie, e Kiki Roberts, l’amante. Lontane dall’essere semplici comparse, Alice e Kiki rappresentano due volti complementari della femminilità, soprattutto due riflessi dell’anima tormentata del protagonista. Alice è la moglie devota, presenza silenziosa e discreta, simbolo di una normalità ormai compromessa, l’unico legame autentico con una vita stabile, la promessa di un’esistenza diversa, forse più giusta. L’amore cieco di Alice tuttavia non salva Jack, ma lo accompagna nella discesa, diventando l’orma di una rispettabilità corrotta, della casa che non è più rifugio, ma prigione. All’opposto, Kiki è la giovinezza, la seduzione, l’effimero. È la donna moderna, disinvolta, attratta più dalla fama che dall’uomo. Con lei Jack vive l’illusione della libertà, il brivido della trasgressione, ma anche l’eco della propria rovina. Kiki non ama davvero: riflette il fascino passeggero del potere e del successo, alimenta il narcisismo di Jack ma ne rivela anche la fragilità. Se Alice è il passato, la redenzione mancata, Kiki è il presente dissoluto, la caduta inarrestabile. Kennedy costruisce con maestria questo contrasto, dando a entrambe le donne uno spessore iconografico che va oltre il triangolo amoroso. Alice e Kiki sono le due anime dell’America degli anni Trenta: una realtà spaccata tra il sogno domestico e la frenesia dell’eccesso, tra il bisogno di ordine e il fascino del disordine. Entrambe, in modi diversi, sono vittime e specchi del sogno americano deformato. E proprio attraverso il loro sguardo, Legs appare per ciò che è: un uomo lacerato, incapace di scegliere, consumato dalla sua stessa leggenda. Kennedy, giornalista, drammaturgo e romanziere nato ad Albany nel 1928, racconta tutto questo e molto altro con uno stile denso, ritmato, e ricco di suggestioni cinematografiche. Il suo Legs non è una biografia convenzionale, ma un’opera di finzione che interroga continuamente la realtà e che, anticipando autori come James Ellroy e Don Winslow, mescola noir e romanzo storico con una voce unica, malinconica, spigolosa e con una componente dialogica dominante. In un’epoca in cui il gangster diventa archetipo narrativo – siamo nel tempo de Il padrino di Coppola, un decennio più tardi arriverà C’era una volta in America di Sergio Leone – Kennedy offre un ritratto che sfugge alla retorica del criminale romantico. Il suo Legs è una figura impossibile, un’anima che si dibatte tra luce e tenebra, tra potere e dannazione. A mio avviso, il miracolo di Kennedy sta proprio qui: nel raccontare una leggenda senza mai celebrarla, ma scavando con compassione nelle sue crepe, mettendo a nudo l’uomo che il mito ha divorato.

Angelo Cennamo

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