L’IMPERATORE DELLA GIOIA – Ocean Vuong

Ocean Vuong, giovane autore americano di origini vietnamite, torna in libreria con L’Imperatore della gioia (in Italia con Guanda e la traduzione di Norman Gobetti), un romanzo che segna un’evoluzione nel suo percorso di scrittura e che negli Usa lo ha già consacrato tra le voci più interessanti della nuova scena letteraria. Poeta di formazione e già autore dell’acclamato Brevemente risplendiamo sulla terra, Vuong si propone questa volta con una prosa più distesa e meno lirica, ma ugualmente attenta alla fragilità dell’esperienza umana. Al centro della storia c’è Hai, un ragazzo di diciannove anni che conosciamo nel momento in cui sta per togliersi la vita, in bilico sul bordo di un ponte a East Gladness, Connecticut. Piove, ed è una voce, quella di un’anziana signora che lo osserva dalla finestra, a distoglierlo dal gesto estremo. Da qui prende avvio un incontro inatteso che si trasforma in convivenza: Grazina, 84 anni, vive da sola in un appartamento pieno di oggetti e ricordi, e accoglie Hai nella propria quotidianità disordinata e segnata dal passato. Entrambi sono rifugiati: lui fuggito dal Vietnam, lei sopravvissuta ai bombardamenti sovietici su Budapest. Le loro storie, pur lontane nel tempo e nello spazio, si incontrano sul piano della memoria e del trauma. Hai vorrebbe dimenticare, Grazina è prigioniera di ciò che non riesce a lasciarsi alle spalle. Nel loro vivere insieme, fatto di piccoli gesti, di notti condivise, di silenzi, nasce un’intimità che non è riparo, ma presenza reciproca nell’incompiutezza. Accanto al racconto di questa relazione si sviluppa la parte più sociale del romanzo. Hai, in difficoltà economiche e dipendente da sostanze, trova lavoro in un fast food che replica ogni giorno l’atmosfera del Ringraziamento. Lì si crea un gruppo eterogeneo di colleghi, figure marginali ma solidali, che offrono a Vuong lo spunto per raccontare una diversa forma di comunità: quella che nasce nel luogo di lavoro, tra sconosciuti uniti dalla precarietà. Questa famiglia circostanziale, come la definisce l’autore, si discosta sia dalla famiglia tradizionale sia da quella “scelta”. È qualcosa di più fragile, ma anche di più reale: un legame che si costruisce nella necessità, nella condivisione quotidiana della fatica e dell’alienazione. Nel romanzo ritorna il tema del debito verso la madre, già centrale nel libro precedente, ma qui declinato con maggiore distanza e misura. L’Imperatore della gioia è infatti anche il primo testo che Vuong scrive dopo la morte della madre, e si percepisce una diversa maturità nello sguardo, più narrativo che elegiaco. Come dicevo, il tono generale è meno poetico rispetto ai lavori precedenti per privilegiare una costruzione vasta e corale che si apre anche a momenti di leggerezza e di umorismo. La presenza di personaggi secondari vivaci e ben delineati offre un contrappunto alla malinconia che attraversa il romanzo e non lo fa deragliare (troppo) nel dramma. Il titolo del libro resta volutamente ambiguo. L’imperatore della gioia è una figura assente, forse ironica, un emblema del vuoto. Non a caso, Vuong apre il romanzo con una citazione tratta da Amleto: “Your worm is your only emperor…”. Il riferimento all’illusione di potere e grandezza introduce una riflessione acuta su un’America in crisi, dove il sogno è ormai collassato e ciò che resta è la fatica quotidiana del vivere. In questo senso, i personaggi di Vuong ricordano quelli sfigati di Richard Yates, ma mentre in Yates esiste ancora un contesto in cui si può riuscire, con Vuong tutto è ormai imploso: il suo cast si muove in un’America laterale, impoverita, disillusa. 

Non amo la narrativa affliggente di Vuong, il suo disagismo, il pianto greco, il dolorificio di Vuong, ma di Vuong riconosco il talento, il virtuosismo retorico e la duttilità di una scrittura viva nonostante il giacomoleopardismo dei suoi contenuti. Con L’Imperatore della gioia, Vuong si misura con un romanzo dal respiro più ampio, pur conservando una dimensione affettiva intima e i toni sussurati di altri testi. È un libro che riflette su come si sopravvive, su come ci si prende cura degli altri anche quando si è rotti, e su come, a volte, la condivisione di un presente difficile valga più di ogni possibilità di riscatto. Leggetelo. 

Angelo Cennamo

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