Questa storia inizia nel 1993, a Waco, Texas, in un angolo di mondo sospeso tra la polvere dei ranch e le tensioni mai sopite di un’America che cerca risposte nei posti sbagliati. A raccontarcela sono due adolescenti di quattordici anni, Roy e Jaye, le cui vite si incrociano in un’estate destinata a lasciare cicatrici, un’estate “che sciolse ogni cosa” direbbe Tiffany McDaniel. Roy vive con i genitori in un ranch nella periferia della città. Suo padre è lo sceriffo della contea, come lo era stato il nonno prima di lui: il nome Moreland, da quelle parti, è sinonimo di legge. Ma Roy non vuole seguire la tradizione. Preferisce vagare per le strade, armeggiare con grucce di fil di ferro per aprire portiere d’auto e forzare serrature: piccoli gesti di ribellione in un mondo che sente troppo stretto. Suo fratello maggiore, Mason, si è arruolato nei Marines. Dopo aver combattuto in Iraq, è rimasto lì come contractor: un’ombra lontana, un esempio forse impossibile da seguire. Jaye, invece, è fuggita dalla California con sua madre, donna fragile e facilmente influenzabile, che ha abbandonato il marito e ogni certezza per seguire un predicatore di nome Perry Cullen. L’ha conosciuto durante un incontro spirituale e da allora gli è totalmente devota. Come lei, molte altre donne hanno lasciato tutto per unirsi alla comunità fondata da Perry su una vasta proprietà appena fuori Waco: ottanta ettari di terra che gli sono stati donati da una misteriosa anziana, forse un’ex amante. Là Perry e i suoi adepti hanno costruito stalle, mense, poligoni di tiro “Ogni domenica è consacrata alle Scritture e al tiro a bersaglio”. Perry Cullen non è carismatico nel senso classico del termine, non ha eloquio né istruzione. Si vanta di aver abbandonato la scuola prima della terza media e le sue origini sono segnate dal degrado: figlio di una ex prostituta, ha vagabondato per anni prima di approdare in Texas, dove dice di voler avviare un’impresa di giardinaggio. Eppure la gente lo segue. Lo ascolta sproloquiare per ore. Lo chiamano l’Agnello. E in molti sono disposti a stravolgere la propria vita per lui. Lo amano per la sua “Sincerità, schiettezza, vulnerabilità” dirà trent’anni dopo un ex seguace, in uno degli episodi del podcast che funge da controcanto narrativo alla vicenda: una voce del futuro che si alterna al passato, anticipando il disastro verso cui la storia si muove con crescente tensione. Perché qualcosa accadrà. Lo intuiamo sin dalle prime pagine, che colpiscono con la stessa potenza dell’incipit di Canada di Richard Ford. Bret Anthony Johnston costruisce la narrazione come una corda tesa che vibra tra le voci dei due ragazzi, tra il presente della vicenda e il futuro che la ripercorre, tra la spensieratezza adolescenziale e l’ombra incombente di un’Apocalisse. Il padre di Roy, lo sceriffo, osserva la comunità di Cullen con crescente preoccupazione. L’FBI gli ha affidato il compito di monitorare lo sviluppo degli eventi. Troppe armi. Troppa gente che ha mollato tutto per rifugiarsi in quel luogo. Troppa fede cieca in un uomo che pare uscito da un sogno malato. In questo clima di attesa e carico di tensione, Roy e Jaye scoprono l’amore, ma è un amore che si sviluppa sull’orlo del baratro, tra due mondi inconciliabili: quello della legge e quello della fede, tra un padre che indaga e una madre che si è perduta in un delirio messianico. Non è esattamente un romanzo di formazione, anche se lo sguardo con cui viene raccontata la storia è quello di due adolescenti. Il giorno che brucia è piuttosto un romanzo sulla fragilità umana, sulla disperata ricerca di verità, o forse solo sull’illusione di una felicità possibile; “fidati se ti dico che questa gente qui è più felice di quanto io e te lo siamo mai stati… Mi piacerebbe tanto credere di credere in qualcosa”, dice Jaye a Roy in una delle scene centrali del libro. Una frase che racchiude l’ambiguità morale di tutta la vicenda. Con uno stile scarno e potente, ereditato dal suo maestro Chris Offutt, Johnston racconta l’America delle setta religiose, delle armi, delle solitudini irredimibili. Perry Cullen è un uomo fallito che diventa guida spirituale. Un ciarlatano o un pazzo. Ma anche un rifugio per anime disperate. La sua parabola ricorda quella di tanti predicatori borderline che hanno lasciato il segno nella cronaca nera americana, da David Koresh in poi. A distanza di anni dal suo ultimo lavoro, Bret Anthony Johnston torna con un romanzo che non solo lo consacra tra i migliori scrittori della sua generazione, ma si impone come uno dei grandi romanzi americani degli anni Venti. Il giorno che brucia – titolo originale We Burn Daylight, che potrebbe essere tradotto con “Stiamo sprecando il giorno”, un’espressione presa da Shakespeare in Romeo e Giulietta – è un’opera inquietante, attuale, che esplora cosa significhi crescere in un mondo sull’orlo del collasso. E che brucia, pagina dopo pagina, proprio come il giorno che si consuma troppo in fretta. La traduzione è di Federica Aceto.
Angelo Cennamo