MIO ASSOLUTO AMORE – Gabriel Tallent

 

Mio assoluto amore - Tallent

Raramente capita di trovarsi tra le mani un romanzo di esordio accompagnato da un coro pressoché unanime di consensi da parte della grande stampa internazionale, della critica, e con delle recensioni entusiastiche come quella di Stephen King, il maestro indiscusso del brivido, che definisce lo stesso libro “un capolavoro”. Gabriel Tallent – nomen omen – è un giovane laureato del New Mexico, cresciuto in una cittadina sperduta del nord della California, la stessa nella quale ha deciso di ambientare la sua opera prima Mio assoluto amore. Mendocino, questo il nome della cittadina, è popolata da vecchi hippie di mezza età e da agricoltori. In una casa in collina, lontano dal centro abitato, vivono Martin Alveston e sua figlia quattordicenne Julia, detta Turtle. Poco distante, in una roulotte, il padre di lui, Daniel. La madre della ragazza è morta per ragioni che ai lettori rimarranno sconosciute fino a pagina 292, ma intuibili già dai primi capitoli. Martin è un paranoico che non è riuscito ad elaborare il lutto della moglie; rifiuta per sé e per la sua unica figlia ogni contatto col mondo esterno, il mondo civilizzato, a suo dire rovinato dal consumismo e da false convinzioni. Beve birra, gioca a poker, lavoricchia e legge libri di filosofia. Ha allevato Turtle come un guerriero ninja, addestrandola all’uso delle armi – quando in scena compare un’arma, diceva Cechov, bisogna che spari – ed è morbosamente attratto da lei, al punto di abusarne sessualmente. Per quanto sia combattuta dentro di sé e molto sofferente, Turtle appare tuttavia legatissima al padre, non può fare a meno della sua presenza, del suo sostegno e di quell’amore malsano che la gratifica e l’angoscia al tempo stesso. Turtle è una selvaggia, cammina scalza nei boschi, uccide e mangia scorpioni, guida il furgone del nonno, a scuola fatica a relazionarsi con i compagni e apprende poco.

Misoginia, isolamento, circospezione. Sono i tre grandi segnali d’allarme” gli insegnanti capiscono che in Julia Alveston c’è qualcosa che non va. Così come lo capisce suo nonno, da sempre critico verso i metodi educativi di Martin. In una delle scene salienti del romanzo, i due uomini, proprio ragionando di Turtle, hanno un alterco violentissimo a seguito del quale il vecchio viene stroncato da un malore. Poco prima, per caso, in una radura, Turtle aveva scoperto l’esistenza di un altro mondo, una realtà a lei fino a quel momento sconosciuta, la dimensione umana dell’amicizia e dell’amore. L’incontro con Jacob, giovane studente delle superiori, può rappresentare una svolta. Jacob è una figura chiave della storia, per Turtle è il punto di contatto con il mondo che esiste, eccome se esiste, fuori da quel microcosmo sudicio e corrotto nel quale l’ha costretta suo padre. Jacob è la salvezza. Come Ciaula che nella novella di Pirandello scopre la luna, Turtle ora vede davanti a sé un orizzonte nuovo e inimmaginato, ma è confusa, sospesa tra due universi paralleli: la normalità e l’amore autentico che le offre Jacob, e la prigionia incestuosa del suo piccolo nucleo familiare, il vincolo imprescindibile dal padre orco, l’uomo che la adora e la sevizia, il padrone del suo corpo, l’essere bello e attraente dal quale non ce la fa a staccarsi. L’arrivo sulla scena della piccola Cayenne, bambina trovata chissà come da Martin in una stazione di servizio, segna il punto di non ritorno. Il gioco perverso di spari nel quale la piccola viene coinvolta e la successiva scoperta di lei a letto con Martin, darà alla giovane protagonista la spinta verso quella decisione sofferta e sempre rimandata, innescando una spirale di alta tensione che culminerà nella scena decisiva, la più violenta e raccapricciante del libro.

Mio assoluto amore è un romanzo impetuoso, con un ritmo incalzante e un finale pirotecnico. Tallent scrive come un veterano, fedele allo schema del thriller classico, ma capace di esplorare nuovi linguaggi dosando alla perfezione ogni elemento e registro narrativo. Il suo racconto è dominato dall’uso e l’abuso delle armi – è uno dei temi di grande attualità negli Usa – e accende una luce sulla violenza invisibile o taciuta perpetrata ai danni di tante madri e di tanti figli che non hanno la forza né il coraggio di denunciare. L’ambientazione cupa e claustrofobica di alcune scene del libro ricorda quella di Misery, il capolavoro di Stephen King nel quale lo scrittore protagonista è tenuto prigioniero da una sua fan malata di mente. Lo stile di Tallent ricorda molto quello di King, per quanto la storia che lui racconti sia tragicamente legata alla realtà.

Angelo Cennamo

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