MENO DI ZERO – Bret Easton Ellis

 

 

Meno di zero - Bret Easton Ellis

 

Cos’è giusto? Se si vuole una cosa, è giusto prendersela. Se si vuole fare una cosa, è giusto farla

Tutte le volte che si parla di Bret Easton Ellis, prima o poi la discussione finisce su David Foster Wallace, sulla la rivalità, contesa, acredine, invidia? – chiamatela come vi pare – che si è scatenata tra questi due giganti della letteratura moderna americana, diciamola tutta, per futili motivi. Data la mia passione/amore per Wallace, per anni  mi ero imposto di non acquistare libri di Ellis – a dire il vero Ellis mi stava proprio sulle balle. Una vera sciocchezza. Ma quanto vi sto raccontando non è affatto interessante. Veniamo allora al romanzo, il primo di Ellis, pubblicato nel 1985, a meno di vent’anni, la stessa età del Moravia de Gli indifferenti. Meno di zero – Less than zero – è un libro senza trama, il ritratto di una gioventù bruciata, biondissima, abbronzatissima, vissuta, sopravvissuta sarebbe più corretto, negli ambienti glamour della Los Angeles degli anni Ottanta. Clay, voce narrante, è come gli altri un ragazzo annoiato, strafatto di cocaina e valium. Genitori divorziati, un padre manager con lifting e trapianto dei capelli – biondissimo anche lui – madre alcolizzata e sotto analisi come il figlio. Clay si divide tra Blair, con la quale ha o ha avuto una relazione – i due fanno sesso, si perdono, poi si ritrovano, lei ama lui, lui non ama lei, o forse si amano entrambi senza saperlo, senza averlo capito fino in fondo – e l’amico Julian, altro protagonista del romanzo, altro bel personaggio, ragazzo introverso, schivo, finito in un brutto giro di droga e di prostituzione. Giornate vuote, vite devastate dalla solitudine, logorate dal lusso, dall’ignavia. Lo chiamano “edonismo reganiano”, ma qui c’è molto di più. Ellis spinge sull’acceleratore e ci regala un racconto potente, crudo, senza pietà né tenerezza, con un finale in crescendo. Clay è figlio di Caulfield Holden – l’adolescente sbandato di Salinger, che dopo essere stato espulso dal liceo, bighellona per New York pur di ritardare l’annuncio della brutta notizia ai genitori – e di Alexander Portnoy, il ragazzo psicanalizzato del capolavoro giovanile di Philip Roth. Clay che da una cabina telefonica di Beverly Hills chiama il suo psichiatra e gli dice “Non credo che lei mi sia di grande aiuto”, prima di mandarlo affanculo, dà voce ad una nuova consapevolezza, è una delle scene più significative e riuscite di questo racconto, che con Imperial bedrooms, venticinque anni dopo, avrà il suo sequel. Mancano poche pagine alla fine, le migliori. La letteratura è alta quando sa interpretare un’epoca, tutto il resto è intrattenimento. Dieci e lode al giovanissimo Bret Easton Ellis.

Angelo Cennamo

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