“La morte è il mio mestiere, ci guadagno da vivere, ci costruisco la mia reputazione professionale.” Di Michael Connelly conoscevo Harry Bosch, il superpoliziotto protagonista di una serie diventata ormai leggendaria anche in tv. Non mi era ancora capitato però di avere a che fare con l’altro suo personaggio, quel Jack McEvoy tornato alla ribalta nel 2020 con “La morte è il mio mestiere” – il titolo è mutuato proprio dall’incipit del libro di cui sto per parlarvi – che non ho ancora acquistato perché mi sono detto che sarebbe stato meglio leggere questa storia partendo dall’inizio, seguendo la giusta cronologia. L’inizio è “Il Poeta”, l’anno il 1996.
Jack McEvoy è un reporter di nera con un fratello gemello poliziotto (Sean), suicidatosi in circostanze piuttosto strane. Dopo aver indagato, senza successo, sul caso di una ragazza assassinata e fatta a pezzi, Sean, sprofondato nella depressione, sarebbe arrivato al punto di “succhiare la canna” della sua pistola d’ordinanza per farla finita. Quello di Sean però non è l’unico suicidio tra gli agenti di polizia. Jack ne individua diversi, tutti collegati da un dettaglio illuminante: sulla scena di ciascuno di essi viene ritrovato un verso di Edgar Allan Poe…Non si sono ammazzati, li hanno ammazzati. Chi? Jack comincia la sua indagine, ma deve fare i conti con l’FBI. Non dirò altro della trama di questo libro praticamente perfetto per tante ragioni: il ritmo, gli incastri, i dialoghi, l’umanità e/o la disumanità dei personaggi – tanti – tra i quali si staglia la figura enigmatica di Rachel Walling, l’agente dell’FBI con la quale Jack vivrà una storia d’amore (?). “Il Poeta” non è solo un thriller, è un romanzo sul protagonismo dei media e sulla cieca competizione che oltrepassa qualunque confine etico. Leggendolo ho avuto l’impressione che Jack, più che a rendere giustizia al fratello assassinato, fosse interessato a raccontare la sua storia. È una corsa contro il tempo, ma lo è su due fronti: la cattura del killer e lo storytelling di quella cattura. A cento pagine dalla fine sembra che la trama sia arrivata al capolinea, che non ci sia altro da raccontare, invece è proprio lì che inizia la sua parte migliore. Chi è Il Poeta? Riuscirà Jack a scrivere la storia che ha in mente o lui stesso diventerà la sua storia? “Il Poeta” è stato e continua ad essere una specie di nave scuola per molti autori di thriller; è tra i romanzi più saccheggiati della letteratura di genere, un modello imitato ma inarrivabile per le doti e le qualità inossidabili di Connelly: l’abilità di stupire i lettori con infiniti colpi di scena, di mantenere alta la tensione dall’inizio alla fine delle storie, di raccontare con astuta leggerezza anche fatti e situazioni agghiaccianti. Connelly scrive tanto ma difficilmente sbaglia un libro. Voto alto, al Il Poeta e alla carriera.
Angelo Cennamo
