IL RITORNO DI CONIGLIO – John Updike

Alla fine degli anni Sessanta Harry “Coniglio” Angstrom può dirsi un uomo maturo. Trentasei primavere, nel tempo dell’allunaggio, ti consegnano quasi alla mezza età, e i sogni di gloria legati al basket e a tutto il resto, di colpo svaniscono di fronte ai peggiori imprevisti della vita. È una questione di sottrazione graduale, direbbe Frank Bascombe, l’altro everyman quadrilogico della buona letteratura yankee. L’America che fa da sfondo al secondo capitolo che John Updike fa uscire nel 1971 è una nazione ribelle e disinibita, tormentata dal Vietnam e dai conflitti razziali. Nelle cinquecento pagine del romanzo di scene salienti ne troverete tante: Harry e suo padre Earl che a fine turno si confessano al bar come due vecchi amici; la moglie di Harry (Janice) che abbandona il tetto coniugale per lasciarsi amare da un giovane collega di origini greche; lo scandoso ménage a quattro che Coniglio vive con una Lolita fuggita dal Connecticut e il suo amico di colore, un pusher mezzo matto ricercato dalla polizia; l’amica di famiglia, grassa e strabica, che prova a sedurre Coniglio mentre i rispettivi figli giocano in cortile e il marito è fuggito chissà dove; la ricomparsa salvifica di Mim, sorella di Harry, attrice fallita ed escort di successo. “Il ritorno di Coniglio” è un libro senza pause, una lunga sequela di eventi comici, tragici, lussuriosi. La crisi matrimoniale di Harry e Janice è una curiosa schermaglia che non lascia intravedere nessuna conclusione. Tutto è nell’ordine delle cose possibili. Personaggio chiave del romanzo – migliore attrice non protagonista – è Jill, la diciottenne piombata dal nulla tra le vite e i corpi nudi di Harry e il latitante Skeeter. La voce che le dà Updike è ammaliante. Jill è una ragazza fragile e imprudente, usa il sesso come strumento di purificazione. Il senso di colpa e la disillusione sono due temi centrali: tutti i protagonisti della storia hanno qualcosa da farsi perdonare, un rimpianto, un sogno infranto, un approdo lontano ed invisibile. Ma non finisce qui. To be continued. 

Angelo Cennamo

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