CORPI MINORI – Jonathan Bazzi

Dopo l’esordio clamoroso con “Febbre”, nel 2019, aveva davanti a sé due possibilità: continuare a raccontare se stesso o scrivere un’altra storia. Jonathan Bazzi ha optato per la prima, forse quella a lui più congeniale, ma anche la più rischiosa: se decidi di dare in pasto la tua vita ai lettori, senza filtri, abbellimenti, rivisitazioni (Karl Knausgard, Emmanuel Carrère, Annie Ernaux, Giuseppe Berto, William Burroughs, John Fante con Arturo Bandini…) devi chiederti per prima cosa se gli altri staranno ad ascoltarti. Bazzi deve aver calcolato così bene il rischio da rendere trasparenti perfino le ragioni della sua scelta: “Esistono tipi di scrittori diversi, ci sono i grandi inventori di trame e personaggi e poi quelli troppo fedeli ai nomi e ai volti, troppo incarnati. A me, secondo tipo o figlio del mio tempo, interessa raccontare la realtà ulteriore che talvolta ammanta quella che vedono tutti… Ciò che mi accade non accade davvero a me, non mi è davvero accaduto, mi si dà già come un fatto esterno, un esproprio, tutti noi spettatori della nostra stessa vita…Io non sono tutti questi fatti …Io sono quel punto neutro, inqualificato che osserva…” [a pagina 282 di “Corpi minori”, il nuovo libro, uscito in questi giorni con Mondadori]. 

Dunque per Bazzi la distinzione tra romanzo e autobiografia è superata, “oltremodo sopravvalutata”; Bazzi vede la propria vita come rappresentazione della realtà; è un’idea condivisa da tutti quelli che la letteratura la amano così tanto da sovrapporre i due piani: la verità e il suo racconto.

Ora resta da capire se la vita di Jonathan Bazzi valga o meno la pena di essere raccontata. 

“Corpi minori” è un romanzo (?) dicotomico, giocato sulla binarietà: periferia/centro, povertà/ricchezza, accettazione/pregiudizio, sesso/amore, interiorità/mondo esterno. “Febbre” è il resoconto di una scoperta: la sindrome dell’HIV; “Corpi minori” il suo corollario. La storia riparte da Rozzano (Rozzangeles) ma proietta il giovane io narrante tra le strade di Milano, le stesse che danno il titolo ai paragrafi del libro. Quello di Jonathan è un corpo nudo, ne vediamo i lividi, i muscoli levigati da ore e ore di yoga, i segni degli amori – di una notte o di un anno – che si susseguono tra una lezione universitaria e l’altra. Ne ascoltiamo il respiro. È un corpo minore perché soccombe alla violenza, all’indifferenza, all’amore. Il vialone che separa Rozzano da Milano è la distanza tra l’angoscia e il sogno; via Missaglia è come lo stradone che percorrono Lila e Lenù nel romanzo di Elena Ferrante quando escono dal rione Luzzatti per conquistare Napoli. La vita di Jonathan Bazzi è speciale nella misura in cui ci appare uguale e unica rispetto a quella di tanti altri che non hanno le parole e la voce di Bazzi per poterla raccontare.

Angelo Cennamo

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