
Stephen Graham Jones in Italia non è un autore noto ma nel suo paese gode di buona considerazione: “uno dei più talentuosi scrittori viventi” arriva a dire di lui Tommy Orange. Originario di Midland, Texas, Graham Jones è come si dice un nativo americano appartenente alla tribù dei Piedi Neri. Siamo in zona Louise Erdrich, altra scrittrice (premio Pulitzer) che della propria identità pellerossa ne ha fatto un tratto riconoscibile per non dire ineludibile dal punto di vista letterario.
Dopo l’esordio, nel 2000, con “The Fast Red Road”, vincitore di un Independent Publishers Award for Multicultural Fiction, Graham Jones ha pubblicato numerosi romanzi e racconti di vario genere: horror, gialli, fantascienza. “Gli unici indiani buoni”, uscito negli Stati Uniti nel 2020 – un anno difficile per l’editoria – arriva qui da noi nei primi giorni di maggio con Fazi e la traduzione di Giuseppe Marano. Si direbbe un thriller ma confinarlo nel genere thriller è una semplificazione che non rende l’idea della giusta dimensione, l’ampio respiro di quest’opera che scardina l’essenzialismo di certe sinossi e sorprende per profondità e temi trattati, oltre che per la brillantezza di una scrittura mai vischiosa, colta ed evocativa.
Nel romanzo si racconta la storia di Lewis, Gabe, Rick e Cassidy, quattro trentenni indiani del North Dakota, amici d’infanzia che hanno abbandonato la riserva dalla quale provengono per provare a integrarsi tra i bianchi. I quattro sono legati da un ricordo tragico che risale a dieci anni prima: l’uccisione di una femmina di alce incinta durante una battuta di caccia illegale. Quell’esperienza dolorosa, forse rimossa o sprofondata nell’inconscio per tanto tempo, improvvisamente oggi torna in superficie, riprende forma, e inizia a tormentarli. A Lewis appare un grosso alce ferito che perde sangue sul tappeto del soggiorno. A seguire, uno dopo l’altro anche gli altri tre amici inizieranno ad avere delle sanguinose visioni e a ritrovarsi risucchiati in quel vecchio incubo. La caccia all’alce si tramuta in una feroce caccia all’uomo: Ricky muore nel corso di una rissa – così si è detto – ma la verità potrebbe essere un’altra. Paura, sensi di colpa, alternando realismo e leggenda Graham Jones mette in scena una brutale vicenda di identità tradite, ingiustizia e razzismo, il ritratto fedele di un’America cruenta e umana al tempo stesso, ma fuori dai radar del mainstream più veicolato. Graham Jones coniuga classe e potenza: è una corda tesa tra la visceralità di Guillermo Arriaga e l’horror di Stephen King. Grazie all’editore Fazi per aver puntato su di lui.
Angelo Cennamo





