ROBICHEAUX – James Lee Burke

La biografia di James Lee Burke, classe 1936 (millenovecentotrentasei!), originario di Houston ma vissuto nella Louisiana, non è molto diversa da quella di tanti romanzieri americani della sua generazione: mille mestieri, da geometra a giornalista, poi docente universitario, impiegato in una compagnia petrolifera, e un rapporto tormentato con la scrittura che lo ha visto inciampare numerose volte prima di consacrarsi come autore di successo del genere crime proprio con la fortunata serie di Dave Robicheaux, il personaggio che gli è riuscito meglio e che al cinema ha avuto i volti di Alec Baldwin e Tommy Lee Jones. E sì perché di porte in faccia Burke ne ha prese parecchie; pensate che uno dei suoi romanzi più tribolati, “The Lost Get-Back Boogie”, fu bocciato dalle case editrici più di cento volte, ben oltre i diciotto tentativi falliti di Joyce per il suo “Ulisse” o i trentadue di Douglas Stuart per “Shuggie Bain”. Per quanto sia uno scrittore abbastanza prolifico e conosciuto negli Usa, le storie di Burke per anni hanno latitato dalle nostre librerie. “Robicheaux” è un romanzo del 2018, in Italia è arrivato con Jimenez – editore sempre attento alla narrativa d’oltreoceano – e la traduzione di Gianluca Testani. Parliamo chiaramente di un crime, e della migliore specie: se non avete fatto ancora i conti con Mr. Robicheaux, affrettatevi a conoscerlo, entrare nel suo ambiente, frequentare amici e nemici, la ristretta cerchia familiare oggi ridotta alla sola figlia Alafair (uno dei quattro figli di Burke si chiama così).

Di “Robicheaux” ci sorprendono soprattutto due cose. La prima: il profilo del protagonista (il vissuto, i ricordi, la dipendenza dall’alcol – le uscite e le ricadute – i modi spicci, la ruvidezza dei dialoghi, il rapporto con la figlia, le radici con la storia e i luoghi). La seconda: i paesaggi della Louisiana, essenziali nell’economia di questa e delle altre storie della serie, e che nell’interazione con il poliziotto (anche voce narrante) conferiscono al romanzo quella poeticità che solo la letteratura del sud sa regalarci. In una delle scene più belle del libro vediamo Dave incamminarsi verso casa sotto la pioggia, e nella nebbia rivolgere un cenno di saluto al timoniere del rimorchiatore che sta risalendo il bayou “Avrei voluto farmi una bevuta con lui. Avrei voluto essere sulla sua barca e navigare indietro nel tempo e trovare un posto dove non c’erano orologi né calendari”.

Robicheaux si muove su più fronti: vuole vincere una volta per tutte la sua guerra con l’alcol, e nel corso di un’indagine è costretto a difendersi dal sospetto di essere lui stesso l’assassino dell’uomo che ha tolto la vita a sua moglie Molly in un incidente stradale. Burke semina indizi, svia, cambia registro, fa ruotare intorno al protagonista un cast di personaggi spietati e indimenticabili; costruisce una magnifica storia di vendetta, razzismo e misoginia, collocandola in uno dei luoghi più affascinanti d’America “Metà della Louisiana è sott’acqua, l’altra metà è sotto accusa”.

Angelo Cennamo

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