UN LETTO DI TENEBRE – William Styron

“Ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, quella dei Softis è la somma di tante infelicità diverse, dissimulate dall’ipocrisia, affogate nell’alcol, inconsolabili. A definire Styron un epigono di Faulkner ci si azzecca, ma si finisce per comprimere la volumetria di una narrativa, più densa e stratificata dell’altro William, che guarda al secolo precedente e all’Europa (alla Francia di Balzac e Maupassant, per esempio) oltre che alla provincia americana del Novecento. Un Letto di Tenebre (Lie Down in Darkness), il libro di esordio, ebbe un parto difficile: abbandonato, ripreso dopo qualche anno, riscritto. Uscì nel 1951, Styron aveva appena ventisei anni. Il romanzo, che racconta le vicende di Milton ed Helen Softis, una famiglia della upper class della Virginia degli anni Quaranta, procede a ritroso e si apre con la morte di Peyton, la prima figlia della coppia. Difficile non rivedere nel lento scorrere del feretro di Peyton nella calura estiva della Virginia il carroccio di Mentre morivo proprio di Faulkner, e il funerale di Rick Brinklan nell’incipit del più recente Ohio di Stephen Markley “Il feretro non conteneva nessuna salma. La bara Star Legacy modello Platinum Rose in acciao calibro 18, in prestito dal Walmart locale, era solo ricoperta da una grande bandiera”. Milton Softis sta andando a seppellire la figlia, ma nella Limousine che scorta il feretro, insieme a lui non c’è Helen, c’è un’altra donna: Dolly Bonner, la sua amante. Dolly è l’unico personaggio del romanzo capace di darsi senza infingimenti, ritrosie, ambiguità. È attratta da Milton “Nel crepuscolo appariva molto bello; quella provocante ciocca di capelli grigi, del colore del peltro vecchio, un uomo di una bellezza volgare non avrebbe mai saputo sfoggiarla con tanta disinvoltura”. Dolly è anche l’unico personaggio che non si lascia andare all’autocommiserazione e che non si fa annientare dai sensi di colpa. Dolly non ha niente da perdere. Di ben altra pasta è il rapporto tra Milton ed Helen “Vivevano insieme come ombre, anzi come coinquilini in una stessa pensione”, ma lui dipendeva dal suo denaro visto che dalla pratica legale ricavava un reddito minimo. Sì, Milton fa l’avvocato, ci prova almeno, la sua vera ambizione però è la politica, l’alcol il suo unico approdo. Un Letto di Tenebre è una straordinaria rappresentazione di una rete di dinamiche familiari fitte, complesse, articolate, tipiche soprattutto di una certa letteratura femminile (solo Jonathan Franzen, oggi, sarebbe in grado di riprodurre simili microcosmi emotivi, quelle interazioni e deflagrazioni alla maniera di Styron). Uno dei temi centrali della storia è l’amore morboso di Milton per sua figlia Peyton, in alcuni passaggi ricorda quello di Humbert Humbert per Lolita. L’affetto e la vicinanza di Milton però non sconfinano mai nella dimensione erotica, si arrestano un attimo prima, limitandosi al grottesco. Se Dolly si mostra decisa e trasparente nelle proprie mire, non si può dire altrettanto di Helen, il personaggio più controverso ed enigmatico del romanzo. Helen, tradita da Milton e sconvolta dalla tragica fine della piccola Maudie (l’altra figlia), odia Peyton. Difficile comprendere per chiunque le ragioni di una avversione così profonda e lacerante: è infastidita, turbata dalla pruriginosa intimità che scorge tra lei e il padre, o più semplicemente è pazza? Helen è una donna ricca di denaro e di fede. Nei momenti di disperazione si rifugia nel reverendo Carey Carr, altro personaggio  borderline di questo romanzo tutto incentrato sulla colpa e la dannazione. Carey è attratto da Helen, forse lo sono entrambi l’una dell’altro ma Styron muove le sue pedine tra il possibile e l’onirico; le tenebre (parola ricorrente nel racconto) sono il crinale sul quale scorre ogni parte della storia (cinquecento pagine forse sono troppe) coprendo alcune verità, lasciando al lettore margini di intuizione, utili forse a ricostruirne delle altre.    

Angelo Cennamo                      

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